“Il cessate il fuoco a Gaza dovrebbe segnare una svolta per tutti i palestinesi, non essere un pretesto per rafforzare il controllo sulla Cisgiordania”: lo ha dichiarato Jan Egeland, Segretario Generale del Consiglio Norvegese per i Rifugiati (Nrc), durante la sua visita in Cisgiordania, inclusa Gerusalemme Est, questa settimana. Per Egeland “la Cisgiordania viene intenzionalmente e brutalmente smembrata. La stessa violenza e impunità che abbiamo visto a Gaza sta espropriando intere comunità in Cisgiordania. La ripresa in una parte del territorio non può avvenire a costo della distruzione di un’altra”. Secondo il Nrc “la violenza e le restrizioni in Cisgiordania si sono intensificate. Da gennaio, almeno 199 palestinesi sono stati uccisi e più di 3.200 feriti dalle forze israeliane o dai coloni. Le operazioni militari nei campi profughi di Jenin, Nur Shams e Tulkarem hanno provocato lo sfollamento di oltre 30.000 persone, eppure le organizzazioni umanitarie non possono ancora valutare l’entità della distruzione”. “Gli operatori umanitari non possono nemmeno raggiungere alcune parti dei campi profughi di Jenin e Tulkarem per verificare la devastazione, e alle comunità non è permesso di farvi ritorno”, ha affermato Egeland. “Restrizioni e intimidazioni stanno mettendo a tacere la verità su ciò che sta accadendo”. “L’espansione degli insediamenti sta ridisegnando il paesaggio. Quest’anno sono state distrutte quasi 1.400 strutture palestinesi, tra cui case, scuole, edifici agricoli e infrastrutture idriche, una media di quasi cinque al giorno. Ciò ha causato lo sfollamento di almeno 1.400 persone e ha avuto ripercussioni negative su altre decine di migliaia di persone. I progetti per migliaia di nuove unità abitative negli insediamenti, anche nell’area E1 vicino a Gerusalemme Est, minacciano di dividere la Cisgiordania in due e di rendere impossibile la creazione di un futuro stato palestinese sostenibile”. Il Segretario Generale Nrc testimonia di “aver visto come la violenza dei coloni israeliani, sostenuta dalle autorità – compresi i ministri del governo israeliano – stia costringendo le vulnerabili comunità palestinesi ad abbandonare le loro case”. Ne è la prova il fatto che “nei primi nove mesi di quest’anno, le Nazioni Unite hanno documentato una media di oltre quattro violenti attacchi dei coloni al giorno, che hanno portato allo sfollamento forzato di 1.276 palestinesi”. Egeland racconta: “È stato straziante incontrare famiglie costrette a lasciare le loro case a causa dell’incessante violenza dei coloni: le loro vite sono state sconvolte e i loro mezzi di sussistenza sono andati perduti. Intere comunità vengono cancellate. Molte famiglie che ho ascoltato si vedono rubare la terra – la terra su cui hanno vissuto per generazioni. Alcune comunità hanno perso l’allacciamento idrico perché i coloni ne hanno deviato l’approvvigionamento: come possono tali azioni continuare nella totale impunità?” si chiede il Segretario Nrc che denuncia come “le nuove regole israeliane per la registrazione delle organizzazioni internazionali colpiscano al cuore gli aiuti umanitari internazionali”. “Se applicate, paralizzeranno il nostro lavoro salvavita. I donatori non possono rimanere in silenzio mentre l’accesso agli aiuti diventa uno strumento politico. C’è uno sforzo sistematico per sopprimere la responsabilità, che deve essere affrontato con un’azione internazionale coordinata”. “Il riconoscimento della Palestina da parte di 157 paesi dimostra un consenso globale schiacciante sulla necessità di porre fine all’occupazione. Il tempo delle dichiarazioni è finito – conclude Egeland -. Gli Stati che riconoscono la Palestina devono ora rispettare i propri impegni, ritenendo Israele responsabile dell’annessione, delle demolizioni e dell’ostruzione degli aiuti. Il riconoscimento non significa nulla se non rimane più terra per uno Stato palestinese sostenibile”.