“Il premio Natale Ucsi ha un valore ancora più evidente di questi tempi, in cui la comunicazione è una sorta di bene comune da salvaguardare”. A dirlo è mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona e presidente della Commissione episcopale per la cultura e le comunicazioni sociali della Cei, in vista della XXXI edizione del Premio giornalistico nazionale “Natale Ucsi”, la cui cerimonia si terrà il 20 dicembre a Verona. Per mons. Pompili, l’aumento della quantità di informazione dovuto alle tecnologie digitali non si è tradotto in un corrispondente miglioramento della qualità. “Questa si basa soprattutto su figure professionali che uniscono la necessaria competenza all’indispensabile indipendenza nell’interpretazione dei fatti”. In questo senso, il Premio Ucsi “è un modo per segnalare che c’è tanto buon giornalismo intorno a noi e occorre evidenziarlo, per distinguerlo in maniera netta da quello più opaco, affine a poteri e interessi, spesso camuffati dietro bislacche forme di comunicazione”. Un appello che si intreccia con le parole pronunciate recentemente da Papa Leone XIV in occasione della conferenza Minds international, rete globale di agenzie stampa: “Se oggi sappiamo che cosa è successo a Gaza, in Ucraina e in ogni altra terra insanguinata dalle bombe, lo dobbiamo in buona parte ai cronisti e ai reporter inviati sul campo. Molti però sono perseguitati e imprigionati: bisogna liberarli, perché fare il giornalista non può mai essere considerato un crimine, ma un diritto da proteggere”. Il Pontefice ha esortato a difendere un’informazione “libera, rigorosa, obiettiva”, soprattutto oggi, “quando si scambia il falso per vero e ciò che è autentico con ciò che è invece artefatto”. Mons. Pompili richiama anche le sfide legate al controllo dei media: “I padroni del vapore sono oggi proprio coloro che operano nel mondo della comunicazione, con il rischio che si presentino come benefattori dell’umanità”. Per questo è urgente “un giornalismo che non ceda alla propaganda, ma che custodisca la libertà del pensiero”. Uno sguardo, infine, al 2026, anno in cui ricorrono gli 800 anni dalla morte di san Francesco d’Assisi: “Figura centrale anche nella storia della comunicazione, il Poverello è stato un pioniere della nostra lingua italiana. Il Cantico delle creature è un esempio di linguaggio che parte dal basso, aderente alla realtà, ricco di calore e relazione. Francesco sa parlare alla mente e al cuore: un tratto che oggi serve più che mai a chi comunica in un mondo disorientato e frammentato”.