Femminicidio Pamela Genini. Pellizzari (Fondaz. Cecchettin), “ragazze riconoscano segnali di relazione tossica e chi sa denunci, anche in anonimato”

(Foto ANSA/SIR)

Pamela Genini “non ha denunciato per paura. Ma intorno a lei molti sapevano e nessuno ha segnalato”. Maria Luisa Pellizzari (nella foto), già vicecapo vicario della Polizia di Stato e oggi nel CdA della Fondazione Giulia Cecchettin, in un’intervista al Sir interviene sul femminicidio della giovane imprenditrice e modella uccisa il 14 ottobre con oltre 30 coltellate dal suo ex compagno. Un delitto annunciato, preceduto da referti medici e interventi delle forze dell’ordine.

Foto Maria Luisa Pellizzari/SIR

Pur non volendo per ora esprimere giudizi su eventuali omissioni, sulle quale sta indagando la Procura, prima di conoscere gli esiti delle indagini, Pellizzari afferma: “Ognuno di noi può fare la differenza”. La sua riflessione è anche un invito a non voltarsi dall’altra parte e, al tempo stesso, un’indicazione per riconoscere i segnali di una relazione tossica: gelosia, isolamento, controllo del cellulare, violenza economica. E ricorda che esistono strumenti di tutela anche in assenza di denuncia: l’ammonimento del Questore, attivabile anche da segnalazioni anonime, e l’app YouPol, che consente di inviare messaggi e immagini in tempo reale alle forze di polizia. “Una donna che non denuncia – prosegue Pellizzari – può essere aiutata anche attraverso i centri antiviolenza e il numero unico di emergenza 1522. Anche chi assiste agli episodi di violenza può chiamare per un consiglio. Non si può costringere una vittima a denunciare, ma la si può accompagnare in un percorso di consapevolezza”. Centrale, sottolinea l’esperta, la prevenzione: “Serve un lavoro culturale profondo, soprattutto con i giovani maschi”. La Fondazione Cecchettin è impegnata a questo fine nelle scuole e nella formazione dei docenti”. E sul linguaggio: “Anche i giornalisti hanno una grande responsabilità”. Infine, un progetto per creare una rete territoriale centri antiviolenza-forze di polizia e un piano formativo per Polfer e Polizia stradale, coinvolgendo anche chi lavora “sulla strada”, perché anche lì si possono intercettare segnali di violenza.

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