“Auschwitz è l’abisso del male umano. In risposta a quel male, però, possiamo scorgere anche delle scintille di speranza poiché l’uomo è stato creato a immagine di Dio”. Lo afferma p. Manfred Deselaers, sacerdote tedesco che da 35 anni vive e lavora ad Auschwitz di cui è anche guida del museo. Per il presule, “ad Auschwitz, anche nei momenti più bui, vi era la voglia di vivere, la solidarietà e l’amore”. La sua lezione di un “antropologia della speranza” consiste quindi nella “fiducia nell’uomo capace di fare del bene nonostante le sue debolezze”. Per p. Deselaers impegnato da tempo nel dialogo tra cristiani ed ebrei, l’80° anniversario della liberazione del campo nazista da truppe ucraine facenti parte dell’Armata Rossa segna un punto di svolta. “I testimoni diretti dell’orrore sono sempre di meno, e le giovani generazioni percepiscono diversamente i ricordi legati a questo posto”, osserva, sottolineando che “Auschwitz non deve essere solo il luogo di memoria ma deve essere una lezione per il futuro. Deve diventare sempre di più il simbolo di riflessione sul significato dell’umanità e della responsabilità”. Per il sacerdote “nel contesto delle attuali sfide come la guerra in Ucraina o in Medio Oriente la questione del rispetto della dignità umana assume una valenza fondamentale, e deve essere ripensata e ridefinita nella prospettiva del futuro dell’intera umanità”.