Il terzo Natale consecutivo in tempo di guerra; una guerra che, “invece di finire, va allargandosi sempre più, soprattutto esplodendo e incentrandosi nella Terra d’Israele. Proprio questa è la Terra santa dove è nato Gesù, dove è vissuto, dove ha annunciato il Vangelo, dove ha speso la vita, dove è stato crocifisso ed è risorto per salvare l’umanità”. In questa drammatica situazione “celebriamo il Natale del Signore: Gesù nasce ancora una volta nella nostra storia e nella nostra vita. Che cosa vuol dire per noi il fatto che egli nasca e venga deposto in una mangiatoia, che si faccia bambino inerme?”. Questo l’interrogativo posto nell’editoriale che apre il n. 4.187 de La Civiltà Cattolica, in uscita sabato 7 dicembre ma come di consueto anticipato al Sir.
“Il mistero del Natale, lo straordinario della nascita di Gesù”, si legge nell’editoriale, consiste nel fatto che “nascendo a Betlemme, il Figlio di Dio prende la nostra stessa carne, si fa povero, si fa servo, diventa uno di noi. E viene nel mondo indifeso, privo di tutto, nella precarietà, lontano dalle seduzioni del potere e nel nascondimento più grande. Il Signore vuole farsi vicino a noi, per far sua tutta la nostra condizione. Gesù accoglie la nostra storia, nonostante la sua meschinità, la sua miseria, la sua spregevolezza, la prende su di sé, l’accetta, la ama e la redime”. Perciò il Natale è “il segno più luminoso di una salvezza donata a chi ne era incapace: una salvezza a perdere”.
Ecco, secondo la rivista dei gesuiti, l’incarnazione: “Gesù ha preso non solo quello che di grande e di bello c’è nell’uomo, ma anche quello che in lui è piccolo, povero, misero, fallimentare, vergognoso. Ha preso anche la debolezza, l’impotenza, le conseguenze del peccato e perfino una morte umiliante, con una pena da criminale. Solo il peccato dell’uomo non ha assunto il Signore, perché è ribellione a Dio e crea sempre divisione: tuttavia, nel battesimo al Giordano, si è messo tra i peccatori per essere in tutto vicino a noi”. Perciò la grande verità del Natale ò che “non siamo soli, non viviamo, non soffriamo, non moriamo soli, perché il Signore Gesù è con noi. Forti di questa convinzione, disponiamoci allora a vivere con fiducia la celebrazione natalizia nel raccoglimento, nella preghiera, nella speranza e nella pace del cuore”.