Medio Oriente: mons. Maffeis (Perugia), “schierarsi da una parte o dall’altra non aiuta a ristabilire vie della giustizia e della convivenza”

“Davanti agli occhi e nel cuore di ciascuno di noi scorrono le immagini di una violenza cinica e disumana, che non esita a infierire su bambini, donne e anziani. Scontri e massacri. Stragi di innocenti. Ostaggi. Civili in gabbia. Razzi su ospedali, bombe su chiese, quartieri devastati e privati di luce, acqua, pane, medicine. Cedere a questa logica di morte significa ritrovarsi tutti quanti in trappola, senza via d’uscita, senza un varco, come migliaia di sfollati davanti a una frontiera sigillata”. Lo ha detto l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, mons. Ivan Maffeis, nell’omelia pronunciata alla celebrazione eucaristica per la pace in Terra Santa, nella cattedrale di San Lorenzo di Perugia, oggi pomeriggio, e animata dai membri della Sezione Umbria dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro in Gerusalemme. “Il veleno, iniettato nelle vene di questa nostra storia, divide dal di dentro le nostre stesse società. Ma non può trovare alcun consenso e non giova nemmeno alla causa del popolo palestinese l’antisemitismo che in questi giorni ha manifestato in diverse piazze europee, anche del nostro Paese”.
Soffermandosi sul “diritto di difesa che la comunità internazionale ha riconosciuto a Israele”, l’arcivescovo ha spiegato che “non può risolversi in ritorsione e vendetta”: “Significherebbe rispondere all’orrore con altro dolore innocente, una recrudescenza utile solamente ad aggiungere altri anelli alla già pesante catena della violenza. Così, schierarsi da una parte o dall’altra non aiuta a ristabilire vie della giustizia e della convivenza, né contribuisce ad assicurare ad alcuno stabilità e sicurezza”. Dal presule l’incoraggiamento a non stancarci di “pregare e digiunare per la pace” (il Papa ha indetto una seconda giornata per venerdì prossimo, 27 ottobre). “Su questa strada torneremo a disarmare gli animi, a riconciliarci con la nostra storia, a sanare le ferite, a essere misericordiosi e operatori di pace, a riconoscerci fratelli tutti”.

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