Leone XIV: udienza, no alla “paralisi dell’anima”

(Foto Vatican Media/SIR)

Nella catechesi dell’udienza di oggi, commentando l’episodio evangelico dei discepoli di Emmaus, il Papa si è soffermato su un “paradosso davvero emblematico: questo triste viaggio di sconfitta e di ritorno all’ordinario si compie lo stesso giorno della vittoria della luce, della Pasqua che si è pienamente consumata”. “I due uomini danno le spalle al Golgota, al terribile scenario della croce ancora impresso nei loro occhi e nel loro cuore”, ha raccontato Leone XIV: “Tutto sembra perduto. Occorre tornare alla vita di prima, col profilo basso, sperando di non essere riconosciuti. A un certo punto, si affianca ai due discepoli un viandante, forse uno dei tanti pellegrini che sono stati a Gerusalemme per la Pasqua. È Gesù risorto, ma loro non lo riconoscono. La tristezza annebbia il loro sguardo, cancella la promessa che il Maestro aveva fatto più volte: che sarebbe stato ucciso e che il terzo giorno sarebbe risuscitato”. “Lo sconosciuto si accosta e si mostra interessato alle cose che loro stanno dicendo”, ha proseguito il Pontefice, ricordando che il testo dice che i due “si fermarono, col volto triste”. “L’aggettivo greco utilizzato descrive una tristezza integrale: sul loro viso traspare la paralisi dell’anima”, ha spiegato il Papa: “Gesù li ascolta, lascia che sfoghino la loro delusione. Poi, con grande franchezza, li rimprovera di essere stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti, e attraverso le Scritture dimostra che il Cristo doveva soffrire, morire e risorgere. Nei cuori dei due discepoli si riaccende il calore della speranza, e allora, quando ormai scende la sera e arrivano alla meta, invitano il misterioso compagno di strada a restare con loro”.

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