(Milano) “Nell’ opera educativa non è raro lo scoraggiamento nel constatare che tutto l’impegno e la buona volontà non bastano a salvare gli adolescenti e i giovani dalla depressione, dalla chiusura su sé stessi, dall’esperienza drammatica di non aver voglia di vivere. Capita pertanto che gli insegnanti, gli educatori, gli assistenti sociali e anche i preti, i consacrati e le consacrate, siano stanchi, logorati da un carico di lavoro che si confronta con inedite resistenze e affaticati da adempimenti burocratici sproporzionati. L’anno giubilare – ha osservato mons. Mario Delpini – può essere l’occasione per le istituzioni per dare sollievo a operatori stanchi con riconoscimenti più concreti, con simpatia e stima più evidenti, con una semplificazione della burocrazia”.
Lo sguardo dell’arcivescovo si è poi posato sul sistema sanitario e socio-sanitario. “La cura per la prevenzione e l’educazione sanitaria, la cura per i malati, ospedaliera e domiciliare, il supporto alle famiglie che si fanno carico di persone con disabilità, il personale degli istituti che operano nel socio-sanitario sono un patrimonio inestimabile di attenzione alle persone. Prendersi cura delle persone che si trovano in condizioni di disagio richiede una professionalità e uno spirito di dedizione che non possono non attraversare momenti di stanchezza. L’anno giubilare può essere per la società, per le istituzioni amministrative, per i responsabili della politica nazionale l’occasione per esprimere la gratitudine, offrire il sostegno, retribuire adeguatamente le persone che lavorano in questi contesti e sostenere le istituzioni che operano con lungimiranza e concretezza in ambito sanitario e socio-sanitario”.
L’educazione alla pace ha costituito un passaggio centrale del Discorso alla città: “Che cosa pensare di Paesi dove si sganciano bombe dappertutto, dove la guerra distrugge, avvelena, rovina la vita delle persone, l’ambiente e la storia di popoli oppressi da troppi anni di umiliazioni e violenze? Noi tutti siamo stanchi della guerra, delle notizie di guerra e delle ragioni addotte per giustificarla. Siamo stanchi e ci sentiamo impotenti e inascoltati quando chiediamo pace. L’anno giubilare può essere il tempo propizio per diventare ‘pellegrini di speranza’, come chiede Papa Francesco, per farci carico dell’educazione alla pace nelle scuole, negli oratori, nelle attività culturali, nella pratica sportiva, in ogni ambito della vita sociale. L’educazione alla pace chiede un impegno costante per estirpare le radici dell’odio e della violenza… L’educazione alla pace ha bisogno anche di una spiritualità che sa pregare, che riconosce in Dio l’unico Padre e dunque coltiva il seme di fraternità che è seminato in ogni uomo e in ogni donna, sotto ogni cielo”.
Mons. Delpini ha poi trattato della “cura per la terra e per la città”. “L’ambiente in cui viviamo è stanco dell’indifferenza, dell’ottusità, della spensieratezza, dell’aggressione violenta: sembra che la vita serena e sicura sia diventata impossibile. La vita è vulnerabile. […] Per cambiare rotta si avverte talora nella nostra società il convenire promettente di tutte le competenze scientifiche, filosofiche, storiche. Hanno voce e autorevolezza per pretendere un comportamento rispettoso verso l’ambiente nel vivere quotidiano, per cercare fonti alternative di energia, per educare a sapienza e lungimiranza, per contrastare l’assurdità dei vandalismi, degli sprechi, dell’indifferenza. Per l’educazione ecologica è irrinunciabile una spiritualità che rivolga il pensiero a Dio e lo senta alleato del bene comune, padre sollecito e provvidente per tutti”.