Suicidi adolescenziali: Lucangeli, “possono nascere anche dal sentirsi ‘invisibili’ e non riconosciuti”

(Foto: ANSA/SIR)

“L’essere umano, come specie sociale, si definisce attraverso lo sguardo dell’altro. Se un ragazzo riceve dalle figure per lui significative un rimando costantemente negativo, si sente invisibile, non degno di sguardo. E quando ci si sente non visti o non riconosciuti nella propria interezza, si perde il senso del proprio valore. L’autolesionismo e il suicidio possono nascere anche da questa invisibilità”. A sostenerlo in un’intervista al Sir è Daniela Lucangeli, professoressa di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Padova, a margine del del XXIII Convegno internazionale di suicidologia e salute pubblica (Sapienza Università Roma, 23-24 settembre).
Il suicidio di un adolescente, spiega ancora Lucangeli viene considerato un atto “contro natura” e “contro tempo evolutivo” perché l’adolescenza “rappresenta la fase della massima pulsione vitale, il momento in cui si desidera vivere, autoaffermarsi, esplorare”. E “quello che oggi stupisce è l’età in cui si verificano i suicidi. Quando la tensione alla vita di un adolescente non trova valore nel riflesso dello sguardo altrui, può emergere la pulsione di morte. Un cortocircuito evolutivo che dobbiamo imparare a prevenire”. In che modo? “Il dolore mentale – risponde la professoressa – va riconosciuto, ascoltato e accolto. Abbiamo troppo sottovalutato il dolore della mente, come se la mente fosse la ‘schiuma delle onde della vita’, un rischio che si sta pagando a diversi livelli perché la mente non è la schiuma, bensì la forza vettore dell’onda”. Se “si sente costantemente dolore, ad un certo punto si può arrivare a ‘togliersi’. Lucangeli invita infine genitori e educatori ad avere sugli adolescenti uno sguardo “autentico, non giudicante” perché “ogni ragazzo ha bisogno di sentirsi visto così com’è, non secondo un prototipo”.

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