“L’oscurità che temiamo di più è il completo collasso del nostro Stato”. Per questo, “desideriamo ardentemente che il mondo riconosca non solo il nostro urgente bisogno di aiuti umanitari in risposta al terremoto, ma anche la necessità di un cambiamento autentico e duraturo nel nostro Paese”. È preoccupato mons. Celso Ba Shwe, vescovo di Loikaw. Anche lui, da due anni, esattamente dal 27 novembre 2023 è uno “sfollato” tra gli sfollati”. Ma non a causa del terremoto che ha devastato il paese il 28 marzo scorso. La decisione di lasciare la cattedrale e il centro diocesano dove viveva, fu presa due anni fa, a seguito dei pesanti bombardamenti e colpi di artiglieria che hanno colpito gli edifici della diocesi. “Percorriamo la Via Crucis dal 2021”, dice il vescovo al Sir. “I volti della Croce nel nostro Paese includono: la perdita della speranza nella democrazia a causa del colpo di stato militare, il diffuso conflitto armato che ne è seguito, lo sfollamento di persone in tutto il paese, la mancanza di supporto umanitario, le devastanti inondazioni e ora il terremoto e i suoi danni catastrofici”. In mezzo a queste emergenza, prosegue il vescovo, “L’oscurità che temiamo di più è il completo collasso del nostro Stato. Abbiamo urgente bisogno di soccorsi e aiuti umanitari per le vittime del terremoto. I continui allarmi e le previsioni di ulteriori terremoti continuano a spaventare e traumatizzare la nostra gente. Siamo profondamente preoccupati di come ripristinare la vita normale e ricostruire la nostra nazione”. Ma c’è una luce? “Sì, c’è una luce”, risponde mons. Ba Shwe. “La solidarietà e il sostegno della comunità internazionale sono la nostra speranza”. E conclude: “Grazie per tutto il sostegno che ci avete dato. Chiediamo umilmente il vostro continuo aiuto per alleviare il peso della Croce che noi, popolo del Myanmar, portiamo da così tanto tempo”.