Nel corso dell’assemblea plenaria di primavera della Conferenza episcopale tedesca che si è conclusa oggi nel monastero di Steinfeld (Aquisgrana), i vescovi sono tornati a parlare di abusi sessuali (tema che compare sempre nei lavori delle plenarie), per un aggiornamento sui percorsi avviati dalla Conferenza episcopale. “Lo dobbiamo alle vittime”, ha ricordato Bätzing, che ha riferito ammontare a 57 milioni di euro la somma spesa dal 2021, quando le vittime hanno iniziato ad ottenere risarcimento per le violenze subite. “Conosciamo l’insoddisfazione delle vittime e sappiamo che certe ferite non si possono guarire con una somma di denaro, per quanto grande sia”. I vescovi hanno dedicato del tempo al confronto sulla Laudato si’ a dieci anni dalla sua pubblicazione e poi al Sinodo universale di cui Bätzing ha richiamato la novità della presenza e partecipazione delle donne. “Le donne, come è stato ripetutamente sottolineato nel Sinodo, se ne andranno e non torneranno se non saranno ascoltate, riconosciute o se non verrà loro data l’opportunità di partecipare alla Chiesa. E la sinodalità non sarà possibile senza di loro”, si legge nel comunicato finale della Plenaria che parla di un aumento delle donne in posizioni di responsabilità nella Chiesa tedesca, passate dal 5% nel 2005 al 28% nel 2025. In plenaria i vescovi sono tornati a discutere anche di cammino sinodale della Chiesa tedesca e di comitato sinodale, strumento di lavoro che sta portando avanti i temi emersi dal percorso degli anni scorsi fino a una nuova assemblea sinodale pervista per la primavera del 2026. “Vogliamo rafforzare il percorso prima di costruire un organismo sinodale in Germania”, ha spiegato il presidente: “Il Sinodo mondiale ci ha incoraggiato in questa direzione”.
Altri temi di cui i vescovi hanno discusso sono stati il Giubileo 2025, il futuro del cristianesimo in Siria ed Iraq, la situazione mondiale, nello Sri Lanka e anche in Ucraina: “Accogliamo con favore un percorso di negoziati verso un cessate il fuoco e la pace”, dicono i vescovi nella dichiarazione finale, giudicando “inaccettabile porre sullo stesso piano, nella valutazione morale e nella politica pratica, l’aggressore e la vittima di un attacco militare”, così come lo è “utilizzare aiuti militari e civili a un paese attaccato come ricatto per imporgli spietatamente la propria volontà o per ottenere l’accesso alle materie prime”.