José Antonio Kast riporta al destra alla guida del Cile. Questo l’esito del ballottaggio di ieri per le presidenziali, nel quale Kast ha ottenuto 58,16% dei voti, contro il 41,84% della candidata della sinistra Jeannette Jara. Una vittoria netta, quella di Kast, che ha primeggiato in tutte le regioni e anche nella capitale, Santiago. Nato come politico di estrema destra, in alcune occasioni apertamente nostalgico del regime dittatoriale del generale Augusto Pinochet, Kast ha moderato il suo messaggio in questa campagna elettorale, pur alzando i toni sul tema dell’immigrazione, e promettendo di espellere le centinaia di migliaia di migranti irregolari, in gran parte venezuelani, che vivono nel Paese. Messaggi che hanno già provocato un vero e proprio esodo, alla frontiera nord con il Perù, il Paese confinante che ha decretato lo stato d’emergenza. Il Comitato permanente della Conferenza episcopale cilena (Cech), in una lettera di congratulazioni inviata al presidente, si dice “preoccupato per la crescente denigrazione dei migranti e delle persone vulnerabili”. Al tempo stesso, i vescovi si congratulano con Kast, che ha avuto il compito di guidare la nazione in un momento che “richiede lucidità, generosità e un profondo impegno per il bene comune”. Nel testo si riconosce che il Paese sta attraversando un periodo di “dolori accumulati” e sfiducia nelle istituzioni. Tuttavia, i vescovi si sottolinea la “forza, dignità e resilienza” del popolo nel ricostruire i propri legami, manifestando la speranza di avanzare verso un Cile più fraterno dove “la forza della ragione prevalga sempre sulla ragione della forza”. Nel suo messaggio, l’Episcopato evidenzia che la guida del Paese richiede la collaborazione di tutti gli attori sociali. Per questo motivo, incoraggia il futuro presidente a promuovere un “clima di dialogo, incontro e rispetto”, sottolineando che questi elementi sono indispensabili per ricostruire la fiducia sociale e devono basarsi sulla convinzione dell’inalienabile dignità di ogni persona. “Come pastori, riaffermiamo la nostra vocazione a contribuire al bene comune dalla missione che il Vangelo ci affida. Vogliamo continuare ad essere testimoni di speranza, vicini soprattutto a coloro che vivono nella povertà, nell’esclusione o nella sofferenza”, scrivono i vescovi, che confermano la “disponibilità a collaborare a tutto ciò che favorisce la giustizia, la fraternità e la pace sociale”.