“Rendo grazie a Dio che mi ha concesso di venire pellegrino alla tomba di San Charbel. I miei Predecessori – penso specialmente a San Paolo VI, che lo ha beatificato e canonizzato – l’avrebbero tanto desiderato”. È il saluto in francese del Papa, nella visita al Monastero di San Maroun ad Annya, a pochi chilometri da Beirut, con cui è iniziato il suo secondo giorno in Libano. “Che cosa ci insegna oggi San Charbel? Qual è l’eredità di quest’uomo che non scrisse nulla, che visse nascosto e taciturno, ma la cui fama si è diffusa nel mondo intero?”, si è chiesto Leone XIV, che ha pregato sulla sua tomba e ha riassunto così l’eredità del monaco e taumaturgo maronita: “lo Spirito Santo lo ha plasmato, perché a chi vive senza Dio insegnasse la preghiera, a chi vive nel rumore insegnasse il silenzio, a chi vive per apparire insegnasse la modestia, a chi cerca le ricchezze insegnasse la povertà”. “Sono tutti comportamenti controcorrente, ma proprio per questo ne siamo attratti, come l’acqua fresca e pura per chi cammina in un deserto”, ha commentato il Papa, secondo il quale “a noi vescovi e ministri ordinati, San Charbel richiama le esigenze evangeliche della nostra vocazione”. “Ma la sua coerenza, tanto radicale quanto umile, è un messaggio per tutti i cristiani”, ha affermato il Pontefice: “San Charbel non ha mai smesso di intercedere per noi presso il Padre Celeste, fonte di ogni bene e di ogni grazia. Già durante la sua vita terrena molti andavano da lui per ricevere dal Signore conforto, perdono, consiglio. Dopo la sua morte tutto questo si è moltiplicato ed è diventato come un fiume di misericordia. Anche per questo, ogni 22 del mese, ci sono migliaia di pellegrini che vengono qui da diversi Paesi per passare una giornata di preghiera e di ristoro dell’anima e del corpo”. San Charbel Makluf è stato un monaco cristiano e presbitero libanese, proclamato santo da Paolo VI nel 1977. Cattolico, monaco dell’Ordine libanese maronita, taumaturgo, vede la sua fama legata ai numerosi miracoli attribuitigli soprattutto dopo la sua morte, ma fatti anche con le sue benedizioni durante la sua vita.