“La nostra mission è una sanità che raggiunga tutti”: così Cristiano Camponi, direttore generale dell’Inmp, in questa intervista al Sir sintetizza il cuore dell’Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie della povertà. Un ente pubblico unico nel panorama del Servizio sanitario nazionale, perché “risponde direttamente al ministero della Salute, non alle Regioni”, e può quindi agire con una visione strategica nazionale per promuovere equità e inclusione. L’Iimp è presente in territori fragili come Lampedusa, Caivano e le aree montane del Biellese, dove applica la “medicina d’iniziativa”: “È il servizio sanitario ad andare dal paziente, non il contrario”. A Roma, il poliambulatorio di Trastevere accoglie gratuitamente italiani e migranti, anche irregolari, senza obbligo di segnalazione: “Questo crea fiducia e permette di intercettare chi altrimenti resterebbe escluso”. Camponi sottolinea la necessità di un cambio di paradigma: “Il servizio sanitario deve muoversi ‘boots on the ground’, intercettare i vulnerabili e ricostruire un patto di fiducia tra cittadini e istituzioni”. L’Inmp opera anche a livello internazionale, con progetti in Ucraina, Egitto, Iraq, Congo e Albania, in collaborazione con Oms, ministero degli Esteri e Ong. Quattro i pilastri strategici: assistenza, ricerca, formazione e mediazione culturale. “Ci occupiamo di patologie neglette, quelle che colpiscono i poveri e i migranti e che spesso non ricevono attenzione dalla ricerca tradizionale”. E sulla formazione: “Il mediatore culturale non è solo un traduttore, ma un ponte tra mondi diversi”. Guardando al futuro, Camponi immagina l’Istituto come “mediatore istituzionale” capace di “allacciare i nodi di una rete frammentata” per una sanità più giusta, inclusiva e sostenibile.