(dall’inviato a Camaldoli) “La visione religiosa di un Papa americano: Leone XIV” è stato il tema affrontato in una delle sessioni del convegno di Camaldoli su “Cristianesimo e coscienza dell’Europa”. I promotori, la rivista Il Regno assieme alla Comunità monastica e la Comece, hanno interpellato il filosofo Massimo Borghesi e lo storico Daniele Menozzi. Borghesi ha focalizzato la sua analisi sulle aspettative, “evidentemente non corrisposte, di quella porzione di opinione pubblica ecclesiale che immaginava che Papa Leone XIV avrebbe rappresentato, sin dai primi atti e dalle prime parole, un superamento di Papa Francesco”. “Poiché la realtà ha contraddetto tali aspettative – segnalano dalla redazione del Il regno – nelle stesse aree si cerca ora di scomporre, secondo un approccio già collaudato su alcuni dei predecessori, si pensi a Benedetto XVI, a Giovanni Paolo II e anche a Paolo VI, la figura del Papa in due componenti, l’una in discontinuità con Francesco e l’altra in continuità, enfatizzando solo la prima: un atteggiamento manicheo nel quale un Papa agostiniano come Prevost difficilmente potrebbe riconoscersi”.
La realtà, ha proseguito Borghesi nella sua analisi, è che “ogni Papa, come in fondo ogni fedele, si muove entro una polarità: concetto guardiniano che Bergoglio stesso ha contrapposto al manicheismo e alla contraddizione”. L’intento, esplicito, di Leone XIV è quello di traghettare la Chiesa oltre le polarizzazioni: “Egli si concepisce come Papa della ‘complexio oppositorum’, e in questo si può riconoscere la vera continuità che lo lega al predecessore Francesco. Continuità evidente nell’esortazione apostolica ‘Dilexi te’, con al centro l’amore per i poveri e la storia delle opere di carità della Chiesa”. Del resto, Papa Prevost fin dai primi giorni si era richiamato all’Evangelii gaudium di Papa Bergoglio, “pur con il suo stile sobrio, controllato, non immediatamente carismatico. Ma certo neppure in antitesi con il predecessore”.