“Per affrontare le prove della vita, le insidie delle ideologie, l’individualismo distruttivo occorre ritrovare una solidità che noi scopriamo in Gesù, che è la verità della nostra vita, la luce che ci consente di guardare al futuro con speranza. Come adulti ridiamo spessore alla nostra vita interiore… e solo allora sapremo educare i giovani ad essere solidi, meno fragili!”. Lo ha affermato questa mattina il vescovo di Trieste, mons. Enrico Trevisi, nell’omelia pronunciata in cattedrale per la solennità di San Giusto martire, patrono della città e della diocesi.
Commentando le letture proposte dalla liturgia, il presule ha sottolineato che “possiamo scegliere di seguire il Signore e dunque di essere al servizio dell’amore di Dio, come il chicco di grano che muore e non attende di vedere i frutti (la spiga che cresce) per svolgere con passione la propria missione”. “Una fede – ha proseguito – liberante dalla smania del successo, dalla tirannia del consenso, dall’invidia accecata, dalla dipendenza emotiva da effimeri consumi funzionali solo al farci spendere. Una fede liberante dall’aggressività che sta prendendo tutti: pensiamo ai femminicidi, alla violenza sui social, ai contenziosi continui anche tra famiglie”. “Coltivare la nostra fede nel Signore Gesù, cioè metterci a seguire il Signore Gesù, è pure un servizio che facciamo alla città, alla gente, ai bisognosi”, ha continuato il vescovo. E, nel fare qualche esempio, ha evidenziato che “educare è un atto di speranza. È fiducia nel futuro e fiducia nei ragazzi e nei giovani: questo mi dà la fede cristiana, motivando ancor di più nella scommessa dell’educazione. Senza ingenuità ma anche senza stanchezza”. “La fede – ha rilevato – suscita vocazioni all’educazione: e questo è un servizio offerto per il bene della città, per costruire un futuro di speranza, perché al centro ci sia sempre la dignità di ogni persona. Anche se purtroppo la professione di insegnanti ed educatori è poco retribuita per una miopia della nostra società, ecco che anche qui il Vangelo ci insegna ad andare controcorrente: insistiamo nello spenderci per l’educazione, come il chicco di grano che si dà interamente”. Mons. Trevisi ha poi osservato come “la tristezza pervasiva di tante persone, la fragilità psicologica e psichiatrica che dilagano, l’aggressività che dice di una incapacità di relazioni buone ci spingono come adulti a dare più spazio a ciò che è solido”. E, infine, ha invocato una “politica di speranza”: “Certo che la politica ha bisogno di consenso. Ma il consenso – ha ammonito – è un mezzo, non il fine. Anche il potere è un mezzo e non il fine”. Ricordando che “Papa Leone fin dall’inizio ci ha richiamato a servire la pace”, il vescovo ha voluto rimarcare che “il cristiano si impegna in politica ma cerca di restare lontano da polarizzazioni in cui non c’è spazio per la riflessione inquieta, per il confronto sincero, per la ricerca di soluzioni condivise, anche perché di vitale importanza… come quelle del riarmo, della pace, o dei diritti/doveri di ogni persona o all’equilibrio di diritti e doveri di maggioranze e di minoranze”.