“Il cristiano non può considerare i poveri solo come un problema sociale: essi sono una questione familiare. Sono dei nostri. Il rapporto con loro non può essere ridotto a un’attività o a un ufficio della Chiesa”. Ne è convinto il Papa, che nel quinto e ultimo capitolo della “Dilexi te” denuncia come “la cultura dominante dell’inizio di questo millennio spinge ad abbandonare i poveri al loro destino, a non considerarli degni di attenzione e tanto meno di apprezzamento”. “Siamo cresciuti in tanti aspetti ma siamo analfabeti nell’accompagnare, curare e sostenere i più fragili e deboli delle nostre società sviluppate”, la tesi di Leone XIV: “Ci siamo abituati a girare lo sguardo, a passare accanto, a ignorare le situazioni finché queste non ci toccano direttamente. Vedere qualcuno che soffre ci dà fastidio, ci disturba, perché non vogliamo perdere tempo per colpa dei problemi altrui. Questi sono sintomi di una società malata, perché mira a costruirsi voltando le spalle al dolore”. “Non di rado il benessere rende ciechi, al punto che pensiamo che la nostra felicità possa realizzarsi soltanto se riusciamo a fare a meno degli altri”, osserva Leone, secondo il quale “i poveri possono essere per noi come dei maestri silenziosi, riportando a una giusta umiltà il nostro orgoglio e la nostra arroganza”. I poveri, allora, possono evangelizzarci, perché “ci fanno riflettere sull’inconsistenza di quell’orgoglio aggressivo con cui spesso affrontiamo le difficoltà della vita. Rivelano la nostra precarietà e la vacuità di una vita apparentemente protetta e sicura”. “Per noi cristiani, la questione dei poveri riconduce all’essenziale della nostra fede”, spiega il Papa: l’opzione preferenziale per i poveri “è determinante”, perché “i poveri per i cristiani non sono una categoria sociologica, ma la stessa carne di Cristo. Il cuore della Chiesa, per sua stessa natura, è solidale con coloro che sono poveri, esclusi ed emarginati, con quanti sono considerati uno scarto della società”. “La peggior discriminazione di cui soffrono i poveri è la mancanza di attenzione spirituale”, la denuncia di Leone, che mette in guardia da una “pastorale delle élite”.