“Gli Stati hanno il diritto e il dovere di proteggere i propri confini, ma ciò dovrebbe essere bilanciato dall’obbligo morale di fornire rifugio”. Lo ha affermato il Papa, nel suo primo discorso ai Movimenti popolari, in Aula Paolo VI. “Con l’abuso dei migranti vulnerabili, non assistiamo al legittimo esercizio della sovranità nazionale, ma piuttosto a gravi crimini commessi o tollerati dallo Stato”, la denuncia: “Si stanno adottando misure sempre più disumane – persino politicamente celebrate – per trattare questi ‘indesiderabili’ come se fossero spazzatura e non esseri umani”. “Mi incoraggia vedere come i movimenti popolari, le organizzazioni della società civile e la Chiesa stiano affrontando queste nuove forme di disumanizzazione, testimoniando costantemente che chi si trova nel bisogno è nostro prossimo, nostro fratello e nostra sorella”, l’omaggio ai presenti: “Questo vi rende campioni dell’umanità, testimoni della giustizia, poeti della solidarietà”. “Né i sindacati né le associazioni dei datori di lavoro, né gli Stati né le organizzazioni internazionali sembrano in grado di affrontare questi problemi”, l’analisi di Prevost: “Ma uno Stato senza giustizia non è uno Stato”, la citazione di Sant’ Agostino. “La giustizia esige che le istituzioni di ogni Stato siano al servizio di ogni classe sociale e di tutti i residenti, armonizzando le diverse esigenze e gli interessi”, la tesi del Papa, che ha parlato di “un vuoto etico, in cui il male entra facilmente”, e così “il sistema rende gli esseri umani più vulnerabili di prima”.