Il cambiamento climatico non è solo una questione ambientale: è una sfida neurologica. Le ondate di calore e gli eventi climatici estremi, sempre più frequenti, possono aumentare il rischio di crisi epilettiche e compromettere la qualità della vita delle persone con epilessia. A lanciare l’allarme è la Lega italiana contro l’epilessia (Lice), che con il suo Gruppo di Studio “Climate Change” sta aprendo una nuova frontiera della ricerca. Secondo Emanuele Bartolini e Emilio Russo, esperti del gruppo, il caldo influisce sulla termoregolazione, altera il metabolismo dei farmaci e può aggravare i sintomi neurologici. Uno studio pilota italiano ha rilevato una relazione a “U” tra temperatura e anomalie Eeg: il minimo di eventi epilettiformi si registra intorno ai 24,8°C, mentre temperature più basse o più alte aumentano la suscettibilità.
Il rischio non si limita alle crisi: l’iponatriemia (condizione in cui la concentrazione di sodio nel sangue scende al di sotto dei valori normali, ndr), causata da alcuni farmaci antiepilettici, è più frequente nei mesi estivi. Le alte temperature notturne disturbano il sonno, uno dei principali fattori scatenanti delle crisi. Inoltre, stress ambientali come isolamento e ansia climatica possono peggiorare il controllo dell’epilessia. Il Gruppo Lice ha tradotto e diffuso il cortometraggio Ilae “The Brain and Climate Change”, contribuendo alla sensibilizzazione internazionale. Il film mostra come l’aumento delle temperature possa aggravare i sintomi neurologici e invita a politiche più attente alle persone vulnerabili. Con oltre 600mila persone colpite in Italia, l’epilessia è una malattia sociale. Il Piano d’azione globale dell’Oms 2022–2031 chiede assistenza universale, lotta allo stigma e protezione dei diritti. Il clima cambia, e con esso devono cambiare anche le strategie per tutelare la salute del cervello.