“Non più la banalità del male, ma la profondità del bene”. Si conclude con questa affermazione la riflessione di mons. Domenico Pompili, vescovo di Verona, in occasione del Giorno della Memoria.
“La banalità del male” – sottolinea il presule – “è la conclusione sconsolata, cui giunge Hannah Arendt prima sotto forma di corrispondente del New Yorker e poi sotto forma di un volume, all’esito del processo intentato al gerarca nazista Adolf Eichmann. “A pensarci, anche i nazisti erano gente banale”, osserva il vescovo, aggiungendo che “l’Olocausto non è stato prodotto da qualche forza demoniaca, ma è l’effetto di una superficialità che recide la profondità e l’essenza stessa dell’umano, limitando l’orizzonte morale ed emotivo a quanto appare in superficie, senza percepire l’abisso in cui si sprofonda”. Per mons. Pompili, “il ‘fungo’ velenoso da cui guardarsi anche oggi si chiama ‘indifferenza’, anzi ‘globalizzazione dell’indifferenza’ (Papa Francesco), che è alla base di un mondo che esaspera i conflitti, accentua le differenze, scarta quelli che non sono utili. E non se ne scandalizza affatto”. “Fare memoria dell’Olocausto non è solo tornare a quel che accadde, ma consiste nel far emergere un ‘pensiero’ su altri drammi, che si consumano sotto i nostri occhi (fame, sottosviluppo, questione ambientale, guerre), senza che ce ne diamo più pensiero”, ammonisce il vescovo, rilevando che “anche il bene subisce la superficialità: quel rifuggire la profondità delle cose che in passato vestiva i panni del silenzio e della connivenza verso l’agire nazista oggi si trova a proprio agio con altre piccole/grandi derive di quella stessa banalità. Una di queste oggi è la retorica dei buoni sentimenti, senza mai entrare nella carne viva dei problemi. Ci è chiesto dopo il pensiero, un impegno concreto ed esigente che si chiama responsabilità”.