Natale: mons. Vezzoli (Fidenza), “il suo magistero silenzioso conduce a riconoscere la necessità di imparare ad ascoltare, ad apprendere l’arte della prossimità”

“Il magistero silenzioso che l’evento del Natale del Signore porta con sé conduce a riconoscere la necessità di imparare ad ascoltare, ad apprendere l’arte della prossimità mettendo al bando ogni forma di precipitosa bramosia di sapere e imponendo lentezza alle nostre frette. Come apprendiamo ad accogliere la parola di Dio che giunge a noi nella sua libertà e gratuità, allo stesso modo siamo chiamati a fare spazio all’Emmanuele, il Dio-con-noi che riconosciamo nel volto del fratello e della sorella che incontriamo come dono, non come una minaccia. Questi sono i lineamenti di una Chiesa ‘in uscita’ che non rinuncia all’evangelizzazione, perché nel silenzio del mistero ascoltato, celebrato e accolto impara a discernere il dono di amore e di libertà che l’ha visitata”. Lo ha scritto mons. Ovidio Vezzoli, vescovo di Fidenza, nel messaggio natalizio alla diocesi.
La riflessione del presule si concentra sul silenzio, perché “nell’evento del Natale il silenzio domina con delicatezza lo svolgersi dei fatti e richiama altresì una lezione magistrale che non possiamo misconoscere”. “Il magistero silenzioso del Natale del Signore quale insegnamento trasmette alla comunità ecclesiale e all’umanità intera oggi?”, chiede il vescovo. “Va precisato, anzitutto, che la sapienza del silenzio – osserva mons. Vezzoli – denuncia l’ipocrisia del rumore delle molteplici parole umane, che procedono verso la deriva dell’ovvietà, dell’insignificanza, dello scontato di un pettegolezzo assordante, inconcludente e inutile nascondendo null’altro che l’incapacità ad ascoltare, a pensare, a discernere e valutare con intelligenza”. “È necessario sottolineare, in secondo luogo, che il silenzio – prosegue il vescovo – è rivelativo della sapienza dell’ascolto dell’altro, è pazienza nell’attesa, è la rinuncia a primeggiare e ad ammutolire l’altro con parole assolute che chiudono la possibilità del dialogo e del confronto”. “Il silenzio – ammonisce – non è da confondere con il mutismo, con il non sapere che cosa dire; al contrario, il mutismo genera solo disperazione, rassegnazione, senso di abbandono, rinuncia alla speranza e alla ricerca di senso, quando addirittura non si trasforma in espressione di disprezzo dell’altro che ti sta davanti e per il quale si ritiene che ci stia occupando tempo prezioso”. “La sapienza del silenzio – spiega mons. Vezzoli – ci insegna che non si può dire tutto; non si può cadere nell’arroganza di spiegare ogni cosa ad ogni costo; è necessario il rispetto del silenzio nella sua dimensione di mistero ineffabile, che sono io per me stesso, ma che lo è anche per l’altro davanti a me. Vi è un non-detto nella vita di ciascuno che esige il silenzio custodito con sapienza e che solo il Signore conosce nella sua interezza e senso ultimo. La pretesa di spiegare ogni cosa dell’altro significa irrompere nella sua vita con un processo di dominio che lo rende schiavo impedendogli di camminare nella libertà”. Infine, “va richiamato che il silenzio è atteggiamento cosciente che rivela ospitalità nei confronti dell’altro”. “La sola presenza dell’altro – rileva il vescovo – ci parla se lo sappiamo ascoltare in quanto è già eloquenza della sua dignità di persona che riconosciamo senza ipocrisia”.

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