“Le operazioni militari israeliane hanno costretto intere comunità in aree della Cisgiordania settentrionale a chiudersi in casa e ciò ha impedito ai bambini di frequentare la scuola, messo a rischio i redditi familiari e aumentato il pericolo di violenza fisica e detenzione minorile da parte delle forze israeliane”. È quanto denuncia oggi Save the Children sottolineando in un comunicato che i propri operatori sono stati costretti a sospendere le lezioni di recupero e le attività di protezione dell’infanzia, compreso il supporto per la salute mentale, nell’area. “Questo – viene evidenziato – priverà oltre 700 bambini di un sostegno fondamentale, senza alcuna indicazione su quando i programmi potranno riprendere”.
“Le ultime incursioni arrivano dopo due anni di crescente uso della forza da parte dell’esercito israeliano in Cisgiordania, con un numero record di recenti attacchi da parte dei coloni israeliani, inclusi quelli agli operatori umanitari”, prosegue l’Ong, ricordando che “secondo l’Ocha, tra il 7 ottobre 2023 e l’11 novembre 2025, 995 palestinesi – tra cui almeno 219 bambini – sono stati uccisi nella Cisgiordania occupata, compresa Gerusalemme Est. Uno su cinque dei palestinesi uccisi dalle forze israeliane nel 2025 in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, era un bambino, secondo le Nazioni Unite. La scorsa settimana l’Onu ha dichiarato che oltre 12.000 bambini rifugiati palestinesi restano sfollati con la forza nel nord della Cisgiordania, impossibilitati a tornare nelle loro case nei campi di Jenin, Tulkarm e Nur Shams”.
“Quello che è accaduto nell’area di Tubas è un assalto sistematico da parte delle forze israeliane e una continuazione della politica del governo israeliano che impone misure punitive collettive alla popolazione. L’operazione sta tagliando fuori i minori da risorse e prestazioni essenziali di cui hanno bisogno, inclusi istruzione e assistenza sanitaria. Ogni bambino in queste aree viene privato del diritto all’istruzione. Allo stesso tempo, infrastrutture pubbliche come strade e altri servizi vengono distrutti, ritardando e ostacolando la possibilità per la comunità di riprendersi una volta che le forze israeliane si saranno ritirate e compromettendo il loro senso di normalità”, ha dichiarato il coordinatore di progetto per un’organizzazione partner di Save the Children che lavora su diritti dell’infanzia e programmi educativi nell’area. “Il nostro personale nel Territorio palestinese occupato – ha affermato Ahmad Alhendawi, direttore regionale di Save the Children per Medio Oriente, Nord Africa ed Europa orientale – lavora senza sosta per garantire il sostegno ai bambini. Per loro, le nostre attività educative rappresentano una speranza per un futuro di opportunità, oltre a momenti per imparare, giocare e crescere socialmente – aspetti dell’infanzia fondamentali per uno sviluppo sano. Non dobbiamo distogliere lo sguardo dalle violazioni dei diritti dei minori in Cisgiordania. Tutti i bambini hanno diritto di andare a scuola e di costruire un futuro pieno e produttivo. L’istruzione è un diritto, così come lo è vivere in un ambiente sicuro. Le restrizioni agli aiuti, la violenza dei coloni, le demolizioni, la confisca delle terre e la distruzione di infrastrutture essenziali – comprese quelle finanziate dai donatori – stanno creando un ambiente coercitivo che rende la vita quotidiana insopportabile per le famiglie palestinesi. Il futuro di un’intera generazione è a rischio”.