“Intelligenza artificiale e sicurezza: binomio possibile?”. È il tema del vivace incontro-dibattito che si è svolto nel “Palauxilium” di Sant’Agata Militello, promosso dagli uffici diocesani delle comunicazioni sociali, dell’insegnamento della religione cattolica, della catechesi e della Pastorale giovanile. Dopo i saluti di Nicola Arrigo e don Antonio Di Bella, Maria Maisano, docente all’Università di Messina, ha richiamato la centralità dell’intelligenza umana, da cui “bisogna sempre partire”. Nella nostra mente – ha spiegato – l’interazione delle reti neurali consente di decidere, di discernere tra bene e male, di esercitare la volontà: capacità che nessuna macchina possiede. Passando all’intelligenza artificiale, Maisano ha evidenziato che essa “deve essere addestrata”, poiché la sicurezza è legata alla qualità dei dati e delle istruzioni impartite. La macchina non ha coscienza morale né autonomia di giudizio: “la prerogativa del discernimento resta dell’uomo”. Da qui il richiamo alla responsabilità educativa: motivare le giovani generazioni allo studio, all’autonomia critica, alla bellezza, alla fiducia nelle proprie competenze. Don Arturo Grasso, direttore dell’Ufficio Comunicazioni sociali della Conferenza episcopale siciliana, ha osservato come l’IA sia ormai dentro la quotidianità e richieda un processo formativo continuo. “È una rivoluzione affascinante e tremenda”, ha detto citando Papa Francesco, poiché porta promesse ma anche nuove vulnerabilità. “È necessario governare la tecnologia e non esserne governati. Non c’è solo identità digitale, ma dignità digitale”. L’uomo – ha ribadito – crea la macchina, non viceversa, e solo l’uomo ha un cuore. “L’IA non può avere responsabilità morale, che resta dell’uomo. La tecnologia è un dono se resta a servizio della persona. Senza amore diventa potere; con l’amore diventa servizio”, ha concluso richiamando Papa Leone XIV.