Tre parole per “continuare a sperare”, nonostante tutto. Sono quelle che l’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini ha indicato ai molti fedeli, che, alle 6.30 della mattina, si sono comunque riuniti nella grande basilica di San Nicolò a Lecco per la prima delle 7 celebrazioni eucaristiche da lui presiedute per pregare per la pace. “Sulla faccia della Terra oggi sono in corso 59 guerre”, ha ricordato subito il presule nell’omelia, aggiungendo: “Alcune vanno avanti da anni e sono stragi incalcolabili, come in certi Paesi dell’Africa e dell’Asia. Alcune sono guerriglie striscianti, che fanno vittime di cui nessuno si accorge. Noi abbiamo sotto gli occhi i disastri in Terra Santa e in Ucraina, ma le guerre non sono solo quelle di cui noi sentiamo parlare o alle quali siamo sensibilizzati”.
Da qui la prima parola proposta da Delpini, “la preghiera”, che non è “una delega a Dio perché faccia quello che noi non siamo capaci di fare, ma che consiste nell’entrare in dialogo con Dio per lasciarsi condurre dal suo Spirito”, senza sapere “cosa opera lo Spirito in ciascuno di noi”. “Se la preghiera è affidarsi allo Spirito di Dio, forse sorgeranno profeti, forse sorgeranno maestri, forse sorgeranno politici, forse sorgeranno tante persone di buona volontà che pregano e che, perciò quotidianamente, si lasciano condurre a compiere le opere di Dio”.
La seconda più che una parola è una esigenza. “Dobbiamo cercare di educarci ed educare a essere operatori di pace. Questo vuol dire contribuire, per quanto possiamo, a diffondere una mentalità”. Anche se i conflitti fanno parte della storia, infatti, “il problema è quando, per risolvere i conflitti, si ricorre alle armi, invece che cercare forme di convivenza, custodire la vita, non seminare la morte”. Da qui, la necessità dell’educare che non significa “essere ingenui”, ma vuole dire “cogliere il punto in cui il conflitto diventa un elemento che distrugge l’umanità, abituarsi a fare alleanze, a cercare insieme la via della pace”.
Infine, la “profezia”, con una citazione di Leone XIV in un suo discorso rivolto alle Chiese orientali: “Perché questa pace si diffonda io impiegherò ogni sforzo. La Santa Sede è a disposizione perché i nemici si incontrino, si guardino negli occhi, perché ai popoli sia restituita una speranza e sia ridata la dignità che meritano, la dignità della pace. I popoli vogliono la pace e io con il cuore in mano dico ai responsabili dei popoli: incontriamoci, dialoghiamo, negoziamo. La guerra non è mai inevitabile, le armi possono e devono tacere perché non risolvono i problemi, ma li aumentano… Gli altri non sono anzitutto nemici, ma esseri umani, non cattivi da odiare, ma persone con cui parlare”.