Pubblicato oggi dalla Commissione europea il rapporto annuale sullo stato del Decennio digitale, che ha il compito di restituire una valutazione dei progressi dell’Ue nei quattro ambiti posti a fondamento della trasformazione digitale dell’Ue entro il 2030: l’infrastruttura digitale, la digitalizzazione delle imprese, le competenze digitali e la digitalizzazione dei servizi pubblici. Il quadro complessivo è di ritardo un po’ su tutti gli ambiti, rispetto al raggiungimento degli obiettivi posti: fibra ottica e reti stand-alone 5G, l’adozione da parte delle aziende di intelligenza artificiale, cloud e big data, la diffusione delle competenze digitali e la disponibilità di personale specializzato nelle materie Ict, la digitalizzazione dei servizi pubblici con fornitori di servizi interni all’Ue. Le sfide da affrontare sono ancora “mercati frammentati, normative eccessivamente complesse, sicurezza e dipendenza strategica”, dice il rapporto, mentre servono “ulteriori investimenti pubblici e privati e un più facile accesso al capitale di rischio per le imprese dell’Ue”. La relazione contiene analisi e raccomandazioni per ogni Paese, che dovranno essere esaminate dai singoli Stati membri. Per esempio, dell’Italia si dice che “ha compiuto notevoli progressi nell’ambito delle infrastrutture e dei servizi pubblici digitali” (per esempio la copertura 5G ha raggiunto l’obiettivo prefissato), ma è lenta nell’adozione dell’intelligenza artificiale (ha raggiunto l’11% dell’obiettivo europeo) e nella crescita delle startup, mentre “occupa una posizione di leadership nelle tecnologie strategiche, come la tecnologia quantistica e i semiconduttori”, ma ha solo il 4% di specialisti Ict sul totale degli occupati, al di sotto della media Ue. Al nostro Paese di raccomanda, per esempio, di “rafforzare le opportunità di formazione e i servizi di supporto per tutte le fasce della popolazione, potenziare l’educazione alle competenze digitali nelle scuole e incentivare la riqualificazione e l’aggiornamento professionale dei lavoratori”.