Ad un anno dall’operazione “Northern Arrows” condotta dalle forze israeliane, Amnesty international denuncia “l’assenza di giustizia e riparazione per le migliaia di civili libanesi colpiti”. Il 23 settembre 2024, una delle giornate più sanguinose del conflitto, almeno 558 persone – tra cui 50 bambini – sono state uccise in attacchi aerei che hanno devastato interi villaggi nel sud del Libano. Nonostante il cessate il fuoco del novembre 2024, le forze israeliane hanno continuato a colpire obiettivi nel sud del Paese e a impedire il ritorno degli sfollati. Secondo Amnesty “il governo libanese non ha ancora conferito alla Corte penale internazionale (Cpi) la giurisdizione per svolgere indagini sul suo territorio e molti abitanti nelle cittadine e nei villaggi del sud del Libano non hanno potuto fare ritorno a ciò che resta delle loro case”. L’organizzazione per i diritti umani documenta “attacchi illegali contro civili e infrastrutture”, chiedendo indagini internazionali per crimini di guerra. Kristine Beckerle, vicedirettrice per il Medio Oriente e l’Africa del Nord di Amnesty, sottolinea: “Le persone colpite da violazioni del diritto internazionale umanitario non hanno ancora visto alcuna forma di responsabilità né di riparazione”. Amnesty chiede al governo libanese di conferire giurisdizione alla Corte penale internazionale e agli Stati terzi, in particolare agli Stati Uniti, di sospendere il trasferimento di armi a Israele, per evitare il rischio di ulteriori violazioni.