Assunta: mons. Tomasi (Treviso), “il nostro bene non può essere pieno, vero, se lo otteniamo rimanendo indifferenti a quello degli altri”

(Foto diocesi di Treviso)

“Siamo davanti ad uno dei fondamenti, nella fede, della nostra speranza: la promessa di Dio in Gesù Cristo di una vita eterna da risorti è già realizzata in Gesù Cristo e in Maria santissima. Noi stessi entreremo in questa vita se ci fidiamo del Signore e se viviamo secondo la sua Parola, fiduciosi nella sua promessa. Abbiamo bisogno di questa speranza, abbiamo bisogno di rinnovarne in noi le ragioni, i fondamenti, le prospettive”. Lo ha detto, ieri, il vescovo di Treviso, mons. Michele Tomasi, nella messa al santuario di Santa Maria Maggiore (Madonna granda), a Treviso, in occasione della solennità dell’Assunzione di Maria al cielo.
“Viviamo in tempi difficili. Duri. E spesso siamo smarriti ed impotenti, di fronte alle lotte ed alle guerre che insanguinano i giorni che stiamo vivendo”, ha riconosciuto il presule. Sono il drago rosso e la grande tribolazione narrata nell’Apocalisse a evocare “le immagini cui ci troviamo di fronte ogni volta che lasciamo entrare nella nostra vita le notizie che provengono anche da vicino a noi, nel cuore dell’Europa e sulle sponde del nostro stesso mare Mediterraneo”.
Una tribolazione che viviamo anche noi, ha sottolineato il vescovo: “Quando vengono messe in discussione le ragioni dell’umano e la vita degli innocenti, soprattutto dei bambini; quando l’unico criterio per regolare le questioni certamente spinose nel mondo è l’arbitrio del più forte e la negazione del diritto alla vita dell’altro; quando sfiducia, lotta, polarizzazione diventano l’unico modo ritenuto ragionevole e utile per gestire le questioni che toccano tutti, allora stiamo proprio vivendo questa grande tribolazione. Anche se in questo nostro angolo felice di mondo possiamo illuderci che tutto vada bene, siamo legati a tutti, nel mondo, e il nostro bene non può essere pieno, vero, e sicuramente non sarà sostenibile se lo otteniamo rimanendo indifferenti a quello degli altri”.
Ma ai credenti viene posto di fronte un segno: Maria e la sua apparente debolezza disarmata, che è anche quella della Chiesa, “che nella sua umiltà vince la morte e vive la vita in pienezza. Come accogliamo noi, qui, ora questo segno donato da Dio?”. Da qui l’appello a lasciarsi “colpire al cuore dal destino di tanti che sono perseguitati dal drago del male e della violenza”, sfuggendo sia al disimpegno che alla scelta della logica della forza.
“Scegliamo, invece, la via della fiducia nella luce di verità di Dio. Scegliamo il cammino di servizio al bene di tutti e per tutti, senza esclusioni. Scegliamo l’impegno a pregare senza stancarci per la pace, per la giustizia, per la vita. Scegliamo, di fronte alle decisioni con cui siamo confrontati tutti i giorni, di disarmare le parole e le relazioni, di rivestirci della pazienza di Dio, della forza mite di Gesù, di scegliere il bene concreto delle persone, soprattutto dei più piccoli e fragili, anche se ci costa qualcosa, anche se ci richiede impegno, anche se ci espone a qualche contrasto o difficoltà. Sosteniamo chi fa sforzi di pace e di dialogo, non lasciamo solo chi si ostina a cercare diplomazia e incontro, non chiudiamoci tra quanti la pensano come noi, ma facciamo spazio alla novità che ha salvato il figlio dal drago e che permette a tanti semi di speranza di germogliare, crescere, portare frutto”.
Mons. Tomasi ha concluso l’omelia ricordando il recente pellegrinaggio di speranza compiuto dai giovani: “Mi sento ancora una volta di chiedere a me e a tutta la nostra Chiesa di fare davvero spazio ai giovani. Ho colto la forza che sono, la ricchezza di cui sono depositari spesso senza sospettarlo, la novità di senso e significato di cui possono farci dono, se ascoltati, con fiducia e con tenace pazienza. Il segno della donna ‘vestita di luce’ diventa in loro e con loro la primizia della risurrezione, diventa stimolo quotidiano, diventa esortazione a non lasciarci prendere dallo sconforto o dalla rassegnazione”.

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