“Nella festa della glorificazione del corpo di una donna, quello della Vergine Maria, siamo invitati ad approfondire la riflessione sull’importanza del rispetto del corpo, in particolare quello femminile, come tempio dello Spirito Santo”. Lo ha detto, ieri, mons. Gherardo Gambelli, arcivescovo di Firenze, celebrando la messa in cattedrale, nella solennità dell’Assunzione di Maria. “L’aumento del numero di aggressioni nei confronti delle donne che giungono in molti casi fino ad efferati omicidi, ci mostra quanto cammino sia ancora necessario percorrere per superare certe tendenze maschiliste della nostra società che riducono il corpo della donna a un oggetto di consumo e di piacere”, ha osservato il presule. “Il ricorso a forme di pressione psicologica, in relazioni tossiche, segnate da un amore possessivo può essere superato solo da un sussulto generale di coscienza che faccia evolvere la società verso un autentico rispetto delle libere decisioni delle donne – ha ammonito l’arcivescovo -. Il raggiungimento di un effettivo riconoscimento dell’importanza del ruolo della donna nelle comunità cristiane passa attraverso un più attento ascolto della loro voce profetica, permettendo alla Chiesa di assumere uno stile mariano nell’attività evangelizzatrice, diventando così una casa per molti, una madre per tutti (cfr. Evangelii Gaudium, 288)”.
Commentando il Vangelo, mons. Gambelli ha osservato che “il Messia si fa l’ultimo e il servo di tutti e ci invita a collaborare con Lui alla sua opera di salvezza che si compie attraverso una rivoluzione della tenerezza”. Ha, quindi, citato una “bella preghiera” del venerabile Tonino Bello che “ci ricorda che il cammino cristiano ha scale diverse da quelle del mondo: per salire bisogna scendere”. “Voglio ringraziarti, Signore, per il dono della vita – scriveva don Tonino Bello -. Ho letto da qualche parte che gli uomini sono angeli con un’ala soltanto: possono volare solo rimanendo abbracciati. A volte, nei momenti di confidenza, oso pensare, Signore, che anche tu abbia un’ala soltanto. L’altra, la tieni nascosta: forse per farmi capire che anche tu non vuoi volare senza di me. Per questo mi hai dato la vita: perché io fossi tuo compagno di volo. Insegnami, allora, a librarmi con te. Perché vivere non è ‘trascinare la vita’, non è ‘strappare la vita’, non è ‘rosicchiare la vita’. Vivere è abbandonarsi, come un gabbiano, all’ebbrezza del vento. Vivere è assaporare l’avventura della libertà. Vivere è stendere l’ala, l’unica ala, con la fiducia di chi sa di avere nel volo un partner grande come te! Ma non basta saper volare con Te, Signore. Tu mi hai dato il compito di abbracciare anche il fratello e aiutarlo a volare. Ti chiedo perdono, perciò, per tutte le ali che non ho aiutato a distendersi. Non farmi più passare indifferente vicino al fratello che è rimasto con l’ala, l’unica ala, inesorabilmente impigliata nella rete della miseria e della solitudine. E si è ormai persuaso di non essere più degno di volare con te. Soprattutto per questo fratello sfortunato dammi, o Signore, un’ala di riserva”.