In occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne che ricorre oggi, Fondazione Ismu Ets (Fondazione iniziative e studi sulla multietnicità Ets) richiama l’attenzione sulla maggiore vulnerabilità delle donne con cittadinanza non italiana (Cni). Secondo i dati Istat sul numero antiviolenza 1522, tra il 2023 e il primo semestre 2025 hanno contattato il servizio 30.615 italiane e 4.148 donne con Cni. Rapportando i dati alla popolazione residente, l’incidenza è dello 0,10% per le italiane e dello 0,16% per le donne con Cni: una probabilità superiore del 60% di rivolgersi al servizio, segnale di fragilità legata a precarietà sociale, economica e giuridica.
Le rilevazioni mostrano inoltre che, pur essendo simile la percentuale complessiva di violenze subite (circa un terzo delle donne), le forme più gravi colpiscono maggiormente le donne con Cni: stupri e tentati stupri riguardano il 7,7% contro il 5,1% delle italiane. Moldavia, Romania e Ucraina risultano tra i gruppi più esposti. Sul fronte dei femminicidi, dal 2020 a oggi il 23% delle 691 vittime aveva cittadinanza non italiana. In entrambi i gruppi oltre il 60% dei casi è commesso dal partner o ex partner. Tra gli autori, l’87% di chi ha ucciso una donna italiana era anch’esso italiano, mentre per le vittime con altra cittadinanza il 57% non era italiano (nel 42% dei casi con la stessa cittadinanza della vittima).
Ismu richiama inoltre l’attenzione sulle donne migranti e rifugiate, esposte a violenze lungo i percorsi migratori e nei centri di accoglienza europei. La Fondazione sottolinea infine l’urgenza di una prospettiva intersezionale che analizzi l’intreccio tra genere, etnia, classe e status giuridico, per contrastare stereotipi e politiche restrittive e costruire soluzioni realmente efficaci.