“Anche quest’anno siamo venuti in pellegrinaggio alla Salute, portando nel cuore soprattutto una domanda, la richiesta di intercessione rivolta alla Madre del Signore affinché possa lenire le sofferenze dei popoli della Palestina, dell’Ucraina e di tutti i Paesi in cui si vive il dramma della guerra. Sì, chiediamo la pace senza la quale tutto viene meno. Siamo infatti consapevoli che, come tutte le guerre, anche queste lasceranno alle loro spalle solo odio e rancore; non basteranno molte generazioni per sradicare questi sentimenti che penetrano nell’intimo delle anime”. Si è aperto con queste parole l’intervento rivolto ieri sera dal patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, ai giovani che hanno partecipato al pellegrinaggio da Campo San Maurizio alla basilica della Madonna della Salute. Ai partecipanti sono state proposte due videotestimonianze: quella del patriarca latino di Gerusalemme, card. Pierbattista Pizzaballa, e quella dell’arcivescovo cattolico latino di Leopoli, mons. Mieczyslaw Mokrzycki.
Nel ringraziarli, mons. Moraglia ha rilevato che “dalle loro parole accorate abbiamo, almeno in parte, percepito cosa significhi essere chiamati a guidare spiritualmente delle comunità devastate dall’irrazionalità della guerra”. “È disumanizzante vivere sapendo che, comunque, a tutti i livelli, ciò che sempre conta e fa la differenza è la legge del più forte, di chi possiede gli armamenti più potenti e moderni e gli alleati più forti e più spregiudicati”, ha ammonito il patriarca, secondo cui “quest’anno il nostro pellegrinaggio ci fa ancor più consapevoli – posti dinanzi alle scelte dei leader politici – che abbiamo bisogno di uomini nuovi. Uomini nuovi, non perché agli attuali ne succedano altri, ma perché c’è bisogno soprattutto di uomini nuovi ‘dentro’, nuovi nel pensare la politica e perciò capaci di prendere la decisione più coraggiosa: fare la pace”. Evidenziando che “pace e guerra nascono dal cuore dell’uomo che o è abitato da Dio”, mons. Moraglia ha rilevato che la guerra nasce quando “l’uomo che si fa ‘dio’ e su tutto vuol dispiegare il suo potere”. Per cui “dobbiamo saper entrare in noi stessi e poi potremo anche pensare di cambiare il mondo e di stabilire nuove governance. Soltanto dopo passiamo all’azione”, ha proseguito, ricordando che “le guerre sono sempre il frutto di scelte di chi non sa più entrare in se stesso e di scelte compiute in precedenza e che, poi, implodono apparentemente per una questione di nessuna importanza, spesso per un pretesto ricercato”. “Per il discepolo del Signore – ricordiamocelo al termine di questo pellegrinaggio alla Madonna della Salute – rientrare in sé vuol dire, innanzitutto, saper pregare”, ha concluso Moraglia: “La preghiera, prima d’esprimersi in domande, è affidare noi stessi, i potenti del mondo, i conflitti in atto, nelle mani di Dio e chiedere a Lui quello di cui gli uomini non sono capaci. La preghiera continua poi al di fuori di noi, attraverso atti conseguenti alla preghiera stessa”.