“Sono ormai numerose le ricerche che confermano, con dovizia di dati e solidi argomenti, come l’accesso precoce e non regolamentato agli smartphone e ai social media sia dannoso per bambini e adolescenti e abbia un impatto negativo sulla sfera cognitiva, emotiva e della salute. Le esperienze di insegnanti e genitori confermano in maniera esplicita questo quadro”. Lo scrivono la rete dei Patti digitali, il Forum nazionale delle associazioni familiari e i 105.000 firmatari della petizione Novara-Pellai, in una lettera aperta al presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. “Le norme vigenti attualmente stabiliscono i 14 anni come età minima per l’accesso ai social media in autonomia (Gdpr) e alle piattaforme di IA (l. 132 del 2025). Tuttavia, la giusta preoccupazione legata alla privacy di queste norme non basta a chiarire ai cittadini la rilevanza di tale età minima anche per ragioni educative e di salute pubblica. Inoltre, l’assenza nelle piattaforme di una modalità per esprimere il consenso da parte dei genitori dei minori di 14 anni (previsto dalle stesse leggi), le rende poco attuabili nella vita concreta delle famiglie”, sottolineano i firmatari della lettera aperta. “Le misure prese dalle piattaforme social per contrastare il fenomeno – animate senz’altro anche da buone intenzioni – , con la messa in campo di sistemi di parental control e di altre funzionalità di protezione insieme a tecniche di verifica dell’età di chi si collega, non si sono rivelate sufficienti ad affrontare un fenomeno che, in Italia e ovunque nel mondo, sta assumendo le dimensioni di una vera emergenza di salute pubblica con ricadute importanti sul benessere emotivo, cognitivo e socio-relazionale dei minori”, la denuncia.
“I social media continuano a essere frequentati da – troppi – bambini e preadolescenti, ancora sprovvisti della sufficiente maturità affettiva e psichica per farne un uso consapevole e sano. La situazione è resa ancor più critica dalla rapidissima diffusione dei sistemi di Intelligenza artificiale, che si stanno configurando come veri e propri ‘amici virtuali’ di bambini e adolescenti, arrivando a instaurare con loro relazioni profonde ed esclusive, spesso sostitutive di rapporti nel mondo reale, a volte con esiti tragici. Lo documentano vari casi di suicidi adolescenziali avvenuti negli Stati Uniti dopo periodi di intense relazioni con chatbot, all’insaputa dei genitori e di tutti gli adulti di riferimento. Non vogliamo che questa deriva possa diventare inarrestabile perché non governata per tempo”, affermano.
“Le famiglie si ritrovano spesso disorientate di fronte alla decisione su quando e come dare accesso al proprio figlio/a ai social media, e in generale alle piattaforme commerciali, in modo autonomo. Sono altissime le pressioni dei coetanei, della società, del mercato, a volte anche della scuola. Non è affatto facile mantenere salda la convinzione di promuovere un approccio graduale alle tecnologie e ai servizi digitali, che tenga conto delle fasi dello sviluppo cognitivo ed emozionale, come ci suggerisce un sempre più ampio numero di esperti”, spiegano.