“Oggi è nata Sarah. La figlia di una giovane dottoranda pakistana presso l’Università degli studi Carlo Bo di Urbino, ospite nelle stanze destinate all’accoglienza della Caritas diocesana. Una nascita porta sempre con sé la promessa della vita e il mistero di un futuro che si apre; ma questa, più di altre, profuma di pace”. A fare l’annuncio è il diacono Luigi Fedrighelli, direttore della Caritas diocesana di Urbino-Urbania-Sant’Angelo in Vado.
“Sarah è un nome antico, che attraversa i secoli e unisce le fedi: ebraica, cristiana e islamica. È il nome di una donna che nella Bibbia rappresenta la speranza, la promessa compiuta, la madre di un popolo. È un nome che oggi diventa ponte tra mondi diversi, simbolo di quella fraternità che spesso scopriamo solo nei momenti di bisogno, quando cade ogni barriera e resta soltanto l’essenziale: l’umanità condivisa”, ricorda il direttore della Caritas, precisando: “Accogliere una madre musulmana in una struttura cristiana non è un gesto straordinario: è semplicemente Vangelo vissuto. È la traduzione concreta di quelle parole che tutti pronunciamo – ‘siamo fratelli sotto lo stesso cielo’ – ma che solo la vita vera, fatta di mani tese e sguardi accolti, può rendere credibili”.
Il diacono riporta le parole di Papa Francesco nella Fratelli tutti: “Fratelli tutti, scriveva San Francesco d’Assisi per rivolgersi a tutti i fratelli e le sorelle e proporre loro una forma di vita dal sapore di Vangelo. Tra i suoi consigli voglio evidenziarne uno, nel quale invita a un amore che va al di là delle barriere della geografia e dello spazio. Qui egli dichiara beato colui che ama l’altro ‘quando fosse lontano da lui, quanto se fosse accanto a lui’. Con queste poche e semplici parole ha spiegato l’essenziale di una fraternità aperta, che permette di riconoscere, apprezzare e amare ogni persona al di là della vicinanza fisica, al di là del luogo del mondo dove è nata o dove abita”.
Per Fedrighelli, “è proprio da incontri come questo che può germogliare un futuro di pace autentica: dal venire incontro gli uni agli altri, dal tornare a riconoscere nel volto dell’altro un fratello e non un nemico, una persona con cui condividere la stessa fragile e meravigliosa condizione umana. La nascita di Sarah ci ricorda che la pace non nasce da trattati o dichiarazioni, ma da gesti silenziosi e concreti, da luoghi dove l’amore supera i confini e diventa casa. Solo così il mondo potrà imparare di nuovo a sperare”.
Oggi, conclude, “in una piccola stanza della Caritas, tra coperte semplici e voci grate, la vita ha parlato più forte di ogni discorso. E ha detto che la pace è possibile. Ha detto che la pace ha il volto di una bambina”.