La povertà alimentare non riguarda solo il cibo che manca, ma la possibilità di scegliere come, cosa, quando e con chi mangiare. È una condizione multidimensionale che tocca salute mentale, relazioni, identità e dignità. Lo conferma l’analisi “Il malessere invisibile di non poter scegliere. Secondo rapporto su adolescenti e povertà alimentare in Italia”, realizzato da ActionAid con l’Università degli studi di Milano e Percorsi di secondo Welfare, nell’ambito del progetto Dispari
Dalle interviste a ragazze e ragazzi di Milano, Roma e Napoli emergono storie di rinunce silenziose: chi evita gli inviti per non pesare, chi dice “non ho fame” per lasciare il cibo ai fratelli, chi cucina per la famiglia e si prende cura dei più piccoli. “Spero di avere un futuro migliore della mia adolescenza”, confida una giovane. La privazione non è solo materiale: è “una frattura nella socialità che lascia segni profondi sulla dignità e sul benessere psicologico”, spiega Monica Palladino, curatrice della ricerca quantitativa per Dispari. Il carico emotivo pesa soprattutto sulle madri, che rinunciano per prime per proteggere i figli. “Mi capitava anche da piccola che quando avevamo poco cibo dicevo: ‘Mamma ho ancora fame’”, racconta una ragazza, “e lei mi dava metà del suo piatto dicendo: ‘tieni amore, non ho fame’”. “Gesti interiorizzati, parte di un ruolo di cura che si paga con la propria rinuncia”, si legge nella ricerca.
Per sostenere davvero gli adolescenti – affermano i curatori dell’indagine – occorre andare oltre la distribuzione di cibo. Mense scolastiche inclusive e progetti di quartiere dimostrano che coinvolgere scuole, famiglie e comunità restituisce ai giovani un ruolo attivo. L’aiuto alimentare resta essenziale, ma non può diventare permanente: deve trasformarsi in opportunità.
“Servono politiche strutturali di protezione sociale come reddito, casa, lavoro dignitoso, mense scolastiche universali e accesso a cibo di qualità”, afferma Roberto Sensi di ActionAid Italia. Una rilevazione con Webboh Lab conferma che la povertà alimentare è vicina e quotidiana: il 73% dei giovani ritiene che in Italia non tutti abbiano le stesse possibilità di mangiare sano. “L’indagine porta la voce diretta della Generazione Z su cosa significhi oggi povertà alimentare. Emerge soprattutto la percezione di un fenomeno prossimo e concreto con una forte dimensione sociale ed emotiva, in cui vergogna e stigma pesano più della sola scarsità” dichiara Furio Camillo, docente di Statistica economica presso UniBo e responsabile scientifico Webboh-Lab.