Si sono ritrovati sabato a Oppido Mamertina, in occasione della Dedicazione della Chiesa Cattedrale, i presbiteri e i diaconi della diocesi per l’inizio del nuovo anno pastorale. A guidare la riflessione l’arcivescovo di Reggio Calabria-Bova, mons. Fortunato Morrone, che a partire dal tema dell’Eucaristia, ha esortato sacerdoti e diaconi a essere presenza del Signore, sempre animati dalla fede in un Dio che è vicino, si lascia toccare, si lascia mangiare ed ha sottolineato come sia importante, in un tempo in cui predomina tanta complessità, spesso tanta disperazione, vivere in pienezza il Giubileo della Speranza, guardando alla bellezza che c’è in noi e negli altri, perché chi vive di speranza risorge ogni giorno, coscienti che ‘mai dire mai’ è il linguaggio di Dio che deve animarci nel nostro peregrinare e tradursi in un ripartire costante per realizzare, dentro questo presbiterio, in questo tempo e in questi luoghi il regno di Dio. Per presule la speranza è “un dono teologico, un affidamento al Signore fatto di fede, sicuri che la nostra speranza è Cristo che esige che noi, ogni giorno, siamo fedeli alla fedeltà di Dio per noi”. Dopo un tempo di adorazione eucaristica, i sacerdoti e i diaconi si sono portati nella chiesa cattedrale per la recita del rosario per la pace, guidato da vescovo di Oppido Mamertina-Palmi, mons. Giuseppe Alberti, in comunione con tutta la Chiesa italiana. È seguita la solenne concelebrazione eucaristica presieduta da mons. Alberti che, nell’omelia, ha sottolineato come resti urgente e necessaria la preghiera per la pace, soprattutto la preghiera del rosario, perché pregare per la pace “ci aiuta a far crescere una cultura di pace, a educarci alla pace, per imparare percorsi di riconciliazione e vivere esperienze di fraternità. Per noi che siamo la Chiesa del Signore è importante soprattutto camminare nello stile sinodale e con l’atteggiamento missionario, mettendo al centro del nostro vivere il Signore che significa far parlare di più in noi la Parola, lasciare spazio all’ascolto di Dio e degli altri. In questo nostro essere Chiesa si devono inserire pure i lontani, i poveri, i giovani, anche se sembrano indifferenti al messaggio cristiano, grazie al nostro atteggiamento missionario, di apertura verso tutti, senza distinzioni o preclusioni, come fa Gesù con Zaccheo, perché una comunità cristiana missionaria è sempre capace di accoglienza e di ospitalità, e così diventare ‘casa’ per tutti”.