Vocazioni e università: Marin (Univ. Padova), “il postumano propone il superamento del limite, ma è meglio una vita perfetta o una vita compiuta?”

Francesca Marin - Foto SIR

Sulle sfide antropologiche e vocazionali sollevate dal post-umanesimo si sofferma oggi, terza e ultima giornata del convegno vocazioni e università, Francesca Marin, docente di filosofia morale (Università di Padova). Intervenendo all’incontro, promosso a Roma dagli Uffici nazionali Cei per la pastorale delle vocazioni, e per l’educazione, la scuola e l’università, la relatrice traccia un quadro inquietante a partire dalle teorie di uno dei massimi scienziati transumanisti, Max More, che nel 1999 ha pubblicato online una celebre “Lettera a Madre Natura”, mirante, in tono provocatorio e sarcastico, ad “emendare la condizione umana”. Per raggiungere l’obiettivo del superamento di questa condizione, spiega Marin, da diversi decenni la medicina antinvecchiamento ha introdotto procedure di riduzione calorica, terapie ormonali, farmaci antiossidanti, ma “la visione del futuro ci incoraggia anche ad uno scenario di manipolazione cromosomica dei telomeri”.
Per “rimuovere” la morte si ricorre alla crioconservazione del corpo della persona morta in azoto liquido – attualmente circa 300 casi nel mondo – “in attesa di ‘risorgere’ in caso di scoperta di strategie per far fronte alle patologie che hanno causato il decesso”, ma trattandosi di una procedura molto costosa, avanza la possibilità di crioconservare solo la testa, con il correlato quesito filosofico se “l’idea di identità personale e di persona possa essere ridotta solo al suo cervello, solo al contenuto neuronale”. Lo step successivo è il superamento della conservazione della testa attraverso la trasmissione del contenuto neuronale su un supporto digitale.
Nelle persone in vita, oltre al potenziamento delle capacità fisiche,  cognitive e morali, la prospettiva, annuncia Marin, è “aggiungere nuovi sensi” ed arrivare alla “ibridazione uomo-macchina”. “Ogni nostra imperfezione – spiega la filosofa – viene concepita come un limite, un ostacolo da rimuovere, ma è davvero così? Il limite è ciò che mi identifica, ed ha una valenza positiva perché proprio grazie a questo limite ho un’apertura verso l’Altro, verso l’altro e l’ambiente circostante; può diventare una risorsa perché è espressione del mio bisogno di cura”. Secondo il pensiero postumano, “il soggetto è autenticamente libero se capace di sciogliere ogni vincolo di dipendenza dagli altri”; secondo Marin, invece, “l’autonomia non può essere effettiva se non nella relazione”. E dal punto di vista vocazionale qual è la sfida? “Meglio una vita perfetta oppure una vita buona, compiuta? Scegliamo la perfezione o il compimento?”, la risposta della filosofa.

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