Vocazioni e università: don Gianola (Cei), “avere parole, case, orizzonti e spazi nei quali il Vangelo possa emergere con attrattività”

Foto SIR

“In Galilea non andiamo con delle soluzioni, ma con nuovi orizzonti pastorali e antropologici”. Così don Michele Gianola, sottosegretario della Cei e direttore Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, conclude il convegno nazionale vocazioni e università 2024, promosso a Roma (3-5 gennaio) dagli Uffici nazionali per la pastorale delle vocazioni e per l’educazione, la scuola e l’università sul tema “Creare casa”. La giornata odierna, intitolata “Creare casa nella Galilea”, regione dove si reca Gesù dopo la resurrezione, è stata provocatoriamente dedicata ad una riflessione sul postumanesimo a cura di Francesca Marin (Università di Padova), Federico Zilio (Università di Padova) e Angelo Tumminelli (Università Lumsa, Roma). “Quando entro in queste letture, negli orizzonti del postumano e del cyborg – spiega don Gianola -, colgo realmente una possibilità di vita evangelica, di incredibile annuncio vocazionale. Lo dico in maniera un po’ brutale: l’orizzonte che discende dalla risurrezione del Signore esiste; c’è un mondo ‘altro’ al quale siamo chiamati; una destinazione, una prospettiva di domani che va oltre la storia”. Questo – prosegue il sacerdote – “mi sembra un annuncio così bello per questo tempo, un annuncio del quale mi sembra ci sia una grande sete. Per come sono fatto, non cerco mai di contrappormi a ciò che vedo, anche se dissonante con l’annuncio cristiano, tento piuttosto di entrare nella complessità per cogliere le domande che emergono dal cuore dell’uomo” e comprendere che cosa “il Vangelo ha da dire riguardo a questi desideri che gridano dal cuore degli uomini del nostro tempo”. “Più che la contrapposizione, sento una vita alla quale siamo richiamati; la fatica ed anche la lotta della vocazione di ciascuno di noi tutti intercetta i desideri dei giovani”. Nel richiamare “la contemplazione delle due bandiere” di Sant’Ignazio – da una parte la forza, la potenza e la vittoria; dall’altra l’umile potenza dell’amore dello “sparuto gruppo di poveracci che sono i discepoli di nostro Signore” – il sacerdote spiega: “Siamo chiamati a scegliere” ad “avere parole, case, orizzonti e spazi nei quali il Vangelo possa emergere con attrattività”. “Abbiamo fiducia – dice ai presenti – nella intelligenza e creatività, nelle passioni di ciascuno di voi nel mettersi insieme e creare legami, costruire spazi nei quali sia possibile intuire quel pezzettino di bene da fare nei diversi contesti. Tutto ciò ha a che fare con la casa, con l’umano, con la complessità in questi giorni”.

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