ActionAid ha depositato alla Corte dei Conti un esposto di 60 pagine per denunciare lo spreco di risorse pubbliche legato all’operazione Albania e ha segnalato all’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) presunte irregolarità nell’appalto da 133 milioni per la gestione dei centri. I dati inediti del progetto “Trattenuti”, realizzato con l’Università di Bari, mostrano costi molto più elevati rispetto ai Cpr (Centri di permanenza temporanei) italiani. La realizzazione dei centri in Albania è partita con 39,2 milioni di euro stanziati dalla legge di ratifica del Protocollo. Appena dieci giorni dopo, con il “Decreto PNRR 2”, la competenza è passata dal Ministero dell’Interno e della Giustizia alla Difesa e le risorse sono state aumentate fino a 65 milioni. Da allora a fine marzo 2025, ActionAid è a fornire dati inediti grazie a richieste di accesso civico: la Difesa ha bandito gare per 82 milioni, firmato contratti per oltre 74 milioni – quasi tutti tramite affidamenti diretti – ed erogato più di 61 milioni per gli allestimenti. “Soldi pubblici sottratti alla salute, alla giustizia e a welfare e servizi – spiega l’avvocato Antonello Ciervo che ha coordinato il team legale di ActionAid composto da Giulia Crescini, Gennaro Santoro e Francesco Romeo -, ma anche a fondi per la gestione di emergenze. Una distorsione nell’uso di risorse pubbliche ancora più grave, vista l’illegittimità del modello dei centri albanesi”. Fabrizio Coresi, esperto di migrazioni per l’organizzazione, ha aggiunto: “L’ostinazione nel tenere in vita un progetto inumano e giuridicamente inconsistente ha generato una perdita per l’erario che non può essere archiviata come mero errore tecnico”. Secondo l’analisi, a Gjader il costo giornaliero per detenuto è quasi tre volte quello di un Cpr su suolo italiano, mentre il 20% dei posti disponibili nei centri nazionali resta inutilizzato. Le spese accessorie, tra missioni e logistica, hanno contribuito ad accrescere il peso economico di una detenzione “off shore” che, sottolinea ActionAid, “brucia denaro pubblico senza garantire diritti né efficienza”.