La “vocazione ecumenica” di Venezia “può oggi diventare segno profetico per il nostro tempo in cui l’umanità avverte nuovamente necessità di ponti, di riconciliazione, di pace”. Lo ha detto questa mattina mons. Francesco Moraglia, patriarca della diocesi lagunare, nel suo intervento all’incontro ecumenico promosso nel 60° anniversario della reciproca rimessione delle scomuniche tra Roma e Costantinopoli dall’Ufficio nazionale per l’ecumenismo e il dialogo, della Cei e dalla Sacra arcidiocesi ortodossa d’Italia, con la presenza di rappresentanti delle comunità cristiane cattoliche, ortodosse e protestanti. All’evento, che si svolge tra la chiesa di San Zaccaria e la chiesa di San Giorgio dei Greci, interverrà anche l’arcivescovo Polycarpos Stavropoulos, metropolita d’Italia ed esarca dell’Europa meridionale, e il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Cei.
Nel richiamare la fondazione di Venezia il 25 marzo, “festa dell’Annunciazione del Signore” che “riporta all’incontro dell’Arcangelo Gabriele con Maria di Nazareth”, Moraglia ha osservato: “Proprio questo mistero dell’Annunciazione ci parla oggi con forza. È il paradigma dell’incontro, l’immagine più alta del dialogo vero: un incontro fatto di ascolto, accoglienza, disponibilità alla volontà di Dio. Maria non impone, non discute, ma ascolta, accoglie e risponde: ‘Avvenga per me secondo la tua parola’. In Lei vediamo l’atteggiamento spirituale che deve guidare ogni cammino ecumenico: l’ascolto sincero dell’altro, il riconoscimento della Parola come irrinunciabile via di grazia, la fiducia che lo Spirito parla anche attraverso le diversità”. Come Maria, “anche le nostre Chiese sono chiamate a lasciarsi visitare dallo Spirito, a deporre paure e diffidenze, a credere che l’impossibile dell’unità diventa possibile se ci affidiamo alla potenza di Dio e non soltanto alle nostre forze”. Il patriarca ha inaugurato l’incontro nella chiesa di San Zaccaria che custodisce il corpo di Sant’Atanasio, “che tanto contribuì alla formulazione del Simbolo di Nicea” e che “ci ricorda che l’unità della Chiesa nasce e si fonda nella verità di Cristo, confessata insieme e vissuta nella carità. E mentre quest’anno celebriamo il 1700°anniversario del Concilio di Nicea (325–2025), questo riferimento diventa ancora più carico di significato – ha concluso Moraglia -: ci richiama a tornare alle radici comuni della nostra fede, a quel Credo che unisce cattolici e ortodossi nel riconoscimento del Figlio unigenito, ‘Dio da Dio, luce da luce’”.