“Sono trascorsi dodici anni dal naufragio al largo di Lampedusa che costò la vita a 368 persone e scosse profondamente le comunità del Mediterraneo e oltre. All’epoca vi fu un appello diffuso al cambiamento e un impegno affinché una simile tragedia non si ripetesse mai più. Eppure, oggi continuiamo a piangere vite perse in mare. Perché Il più delle volte questi viaggi pericolosi si trasformano in traumi, sofferenza e, tragicamente, in morte”. Così si esprimono, in una dichiarazione congiunta: Salvatore Sortino, direttore dell’Ufficio di coordinamento Mediterraneo dell’Oim, Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino, e Nicola Dell’Arciprete, coordinatore della risposta rifugiati e migranti dell’Unicef in Italia. “Da quel giorno, in media 42 persone perdono la vita ogni settimana lungo la rotta del Mediterraneo centrale, e si stima che una su cinque sia un bambino. Con oltre 32.700 morti dal 2014, il Mediterraneo è diventato una trappola mortale per chi cerca sicurezza, un monito drammatico dei rischi affrontati dalle persone migranti e rifugiate”.
“Molte e molti che intraprendono questi viaggi fuggono da conflitti, povertà, discriminazioni, violenze nei Paesi di transito o di destinazione, e dagli effetti devastanti dei cambiamenti climatici. È importante che la cooperazione internazionale rimanga forte, che i conflitti vengano affrontati e che vengano potenziati i canali migratori sicuri e regolari, per ridurre la dipendenza dai pericolosi viaggi in mare organizzati dai trafficanti. Migranti e rifugiati partono dalla Tunisia su piccole barche di ferro o dalla Libia su pescherecci: imbarcazioni fragili e inadeguate per affrontare un mare così pericoloso. Per fermare queste morti dobbiamo rafforzare il coordinamento di ricerca e soccorso a livello europeo, a sostegno dell’importante lavoro della Guardia costiera italiana. La protezione della vita e della dignità umana devono restare al centro di ogni risposta”.
“La migrazione è una realtà che deve essere gestita con solidarietà e responsabilità condivisa tra gli Stati. Dobbiamo assicurarci che le politiche siano basate sul diritto umanitario internazionale e sui diritti umani, proteggano e tutelino il diritto di richiedere asilo e non spingano bambini e famiglie in situazioni ancora più pericolose”.