Ansia, depressione, solitudine, dolore cronico o condizioni di salute a lungo termine, ma anche tumori e demenze: sono alcune delle patologie che potrebbero beneficiare del Social Prescribing, ovvero la “prescrizione” da parte degli operatori sanitari di attività come la partecipazione a gruppi di supporto, attività artistiche, volontariato, giardinaggio terapeutico, sport, yoga, programmi di formazione e molto altro.
Ne parlano gli esperti dell’Università Cattolica, Campus di Roma – Fondazione Policlinico universitario Agostino Gemelli Irccs alla vigilia del Social Prescribing World Day che si celebra ufficialmente domani 19 marzo, inizialmente promosso dalla britannica National Academy for Social Prescribing (Nasp) nel 2019 e poi anno dopo anno abbracciato da sempre più paesi nel mondo. Per la prima volta si celebra anche in Italia, caratterizzata da una popolazione sempre più anziana e sola e dall’aumento delle malattie croniche. In questa campagna la Facoltà di Economia della Cattolica nel campus di Roma ha stretto collaborazioni a livello internazionale con l’European Observatory on Health Systems and Policies dell’Oms e, a livello nazionale, con il gruppo di lavoro dal Cnapps dell’Istituto superiore di sanità.
“Il Social Prescribing, spiega Antonio Giulio de Belvis, associato in Igiene generale e applicata alla Facoltà di Economia dell’Università Cattolica – è un approccio preventivo e terapeutico attraverso il quale, a partire dalla prescrizione del medico, la rete di comunità del volontariato, associazionismo, enti locali o charities garantisce interventi socializzanti ed evidence based, ad integrazione e beneficio delle terapie tradizionali”. Esercizio fisico, musica, danza, teatro, pittura “si sono dimostrati di beneficio per la salute e il benessere psico-fisico. Si tratta di interventi di sanità pubblica che legano la sfera sanitaria con quella sociale”.
Secondo Giada Scarpetti dell’European Observatory on Health Systems and Policies dell’Oma, i primi dati mostrano che il Social Prescribing ha un impatto positivo sulla salute mentale e sul benessere generale. Tuttavia, conclude de Belvis, “restano criticità come la necessità di finanziamenti stabili, una standardizzazione dei modelli di valutazione e una migliore integrazione con i sistemi sanitari nazionali”.