Sono almeno 3.000 le persone in Italia apolidi o a rischio di esserlo. Le comunità Rom originarie della ex Jugoslavia sono il gruppo più colpito, sulla base delle informazioni disponibili, insieme a persone provenienti da Stati dell’ex Unione Sovietica, Cuba, Cina (Tibet) e persone di origine palestinese. È quanto emerge dal rapporto “Mappatura dell’Apolidia in Italia”, pubblicato oggi dall’Alto Commissariato Onu per i rifugiati, che mette in luce le sfide affrontate dalle persone apolidi e da coloro che sono a rischio di apolidia in Italia. Il rapporto fornisce approfondimenti sulle caratteristiche, le problematiche di protezione e le priorità in termini di riforme nei quadri giuridici e procedurali italiani per le persone apolidi. L’Italia – spiega l’Unhcr – è stata “all’avanguardia nella protezione delle persone apolidi” fin dagli anni ’50, con la ratifica della Convenzione del 1954 sull’Apolidia e l’introduzione di una procedura amministrativa di determinazione dell’apolidia nel 1993. Con l’adesione alla Convenzione del 1961 sulla riduzione dell’apolidia, a fine 2015, ha poi assunto “un impegno formale volto a ridurre e prevenire l’apolidia”. Nel 2023, l’Italia ha nuovamente rinnovato i suoi sforzi per la tutela degli apolidi e per migliorare la procedura di determinazione dell’apolidia, prima costituendo un quadro di cooperazione tecnica con l’Unhcr attraverso la firma di un Protocollo d’intesa, e successivamente presentando un impegno formale in occasione del Global Refugee Forum del 2023. Lo studio evidenzia “la necessità di proseguire l’impegno per assicurare il rispetto degli standard internazionali e proteggere pienamente i diritti delle persone apolidi”. Nel rapporto anche una serie di raccomandazioni pratiche mirate a risolvere le problematiche individuate e a migliorare l’adempimento dell’Italia agli obblighi internazionali in materia di apolidia. Tra queste quella di “potenziare gli sforzi per raccogliere dati affidabili e coerenti sulle popolazioni apolidi, in linea con le raccomandazioni internazionali in materia”; “adottare un quadro giuridico esaustivo per migliorare le procedure di determinazione dell’apolidia e garantire pieno accesso ai diritti da parte delle persone apolidi”; “promuovere iniziative di formazione e campagne di sensibilizzazione per i funzionari pubblici e gli erogatori di servizi, per garantire che le persone apolidi possano accedere ai propri diritti senza discriminazioni”; “garantire la piena attuazione delle salvaguardie per prevenire l’apolidia, assicurando che ogni bambino nato in Italia, altrimenti apolide, acquisisca la cittadinanza italiana alla nascita”. Per Chiara Cardoletti, rappresentante dell’Unhcr per l’Italia, la Santa Sede e San Marino le persone apolidi sono “tra le più vulnerabili al mondo, prive di diritti fondamentali e spesso invisibili per le autorità. Questo studio – spiega – mette in luce alcune aree di miglioramento che richiedono attenzione prioritaria. L’Italia ha già compiuto passi significativi nella protezione degli apolidi, ma è essenziale proseguire l’impegno per garantire che tutte le persone apolidi, anche quelle più vulnerabili, possano godere dei diritti che meritano”.