“Il martirio che ci è chiesto oggi non è quello del sangue, ma quello della coerenza. Della mitezza ostinata di chi non si lascia comprare. Della pazienza creativa di chi educa senza scorciatoie. Della fedeltà operosa di chi serve i poveri senza altarini. Della sobrietà lieta di chi spende meno per sé e investe su chi non potrà restituire. È il martirio dell’attenzione: costa più dell’oro”. Lo ha affermato stamattina il card. Mimmo Battaglia, arcivescovo di Napoli, nell’omelia della messa nella solennità di San Gennaro, patrono della diocesi di Napoli.
Ma “il Vangelo non ci chiede solo bontà: ci chiede giustizia. La giustizia non è risentimento: è ordine dell’amore. È regola che santifica il tempo, è lavoro che non sfrutta, è tavola che allarga i posti, è potere che non si auto-assolve. L’Europa non si salverà con muri e con rotte ciniche, ma ricordando di essere nata da monasteri e cattedrali: scuole per i figli dei poveri, mercati che chiudevano la domenica, comunità che fondavano legami. Non nostalgie, ma disciplina di futuro”, ha sostenuto il porporato.
“Torniamo al sangue – l’invito del cardinale -. Guardatelo. Non come curiosità, ma come specchio. Il sangue di Gennaro non è un talismano: è un appello. Ogni goccia dice: non tradire. Non tradire il Vangelo con un culto senza conversione. Non tradire il povero con un’elemosina senza scelte. Non tradire la pace con parole senza progetto. Non tradire i bambini con scuole senza maestri e città senza cortili”.
Per questo, oggi, “osiamo chiedere un miracolo preciso. San Gennaro, fratello e martire: sciogli non solo il tuo sangue — che è segno — ma il nostro cuore, dove si decide tutto – la preghiera del card. Battaglia -. Disarma le nostre paure travestite da prudenza. Spazza via la patina di cinismo che si attacca alla fede. Donaci un coraggio senza teatro e scelte che non fanno notizia ma cambiano la vita”.
“Guarda la Palestina, guarda l’Ucraina, guarda i Sud del mondo: quanti non hanno più lacrime e ci prestano i loro occhi – ha proseguito l’arcivescovo -. Fa’ che la pace non sia uno slogan, ma una pratica. Fa’ che ogni comunità diventi sala d’attesa di resurrezioni: mensa per chi ha fame, porta per chi non ha casa, lingua per chi non sa parlare, compagnia per chi non regge da solo. E qui, nella nostra città, fa’ che sotto ogni balcone si veda un ragazzo con un libro e non con un’arma; che ogni cortile sia un campo di gioco e non di spaccio; che ogni impresa pulita valga più di qualunque denaro sporco”.
Il porporato ha continuato: “Se oggi chiediamo un prodigio, fa’ che sia questo: che il prodigio cominci da noi. Che si apra in ciascuno un cantiere di pace: una sedia in più a tavola, un’ora in più per educare, un euro in meno per sé e uno in più per chi non può. E quando qualcuno domanderà se il sangue si è sciolto, potremo rispondere: sì, il sangue si è sciolto. Non solo qui, non solo oggi, non solo nell’ampolla: si è sciolto nei cuori. Ha ripreso a scorrere; ha portato ossigeno alle mani, grazia agli occhi, forza ai piedi”. E “la città — questa città che amiamo — riprenderà il suo passo grande, e questo mondo – per il quale Dio Padre ha donato il suo Figlio Gesù, nel cui sangue tutti siamo amati e salvati – riprenderà il suo passo santo: il passo della pace”.