Durante i primi vespri nella solennità del santo patrono Abbondio, il vescovo di Como, card. Oscar Cantoni, ha rivolto un lungo discorso nella basilica della città lariana intitolato “Camminare insieme. Per una città più sinodale”. “Come è ormai tradizione, anche quest’anno, alla vigilia della festa del patrono, ci raduniamo insieme qui – ha affermato – per pregare e per riflettere. A questo appuntamento partecipano non solo fedeli della nostra città e diocesi, ma, accogliendo un gradito invito, ci fanno dono della loro presenza anche molte autorità civili e militari. Questa diventa, allora, anche l’occasione per pregare per chi nella società civile è investito di importanti responsabilità. […] La nostra preghiera diventa anche momento di riflessione condivisa, a partire dalla constatazione che abitare insieme uno stesso luogo ci rende tra noi comunità di vita”. Diversi i “capitoli” dell’intervento: Il Sinodo come esperienza ecclesiale; Il Sinodo come profezia sociale; Per una Città sinodale.
Cantoni ha fra l’altro detto: “Un’ultima riflessione vorrei farla provando a calare in modo ancora più concreto queste intuizioni nella realtà sociale. Non si tratta di entrare in dinamiche che non sono di competenza della Chiesa, ma di esercitare quell’amore politico che è per tutti un dovere. Un contributo di pensiero e di azione per il bene comune, che qualcuno chiama carità intellettuale. […] La democrazia esprime a livello civile, un desiderio di camminare insieme come popolo, un modo di vivere basato sulla responsabilità sia individuale sia comunitaria. È, quindi, una forma sinodale di organizzazione sociale, impegnativa ed esigente per tutti. Richiede, infatti, che ogni persona si senta, in quanto cittadina, appartenente a una comunità e per questo corresponsabile della sua edificazione. La democrazia rappresenta anche un’esigenza di giustizia, non tanto perché tutti possiedono una parte di potere, ma piuttosto perché ognuno è chiamato ad abbandonare una visione individualista e a ragionare in termini di comunità”.
“La democrazia vive di atteggiamenti e regole, formali e sostanziali, poste a tutela del bene di tutti e che sottraggono ogni potere al rischio dell’abuso. In ogni società è inevitabile il contrapporsi di visioni, idee e interesse di parte. Il meccanismo democratico non evita questo conflitto, ma lo gestisce in forme di confronto e di dialogo rispettoso e civile. Ecco perché, come recita anche la nostra Costituzione, la democrazia ripudia la guerra (art. 11). Non è la guerra, infatti, lo strumento per risolvere le controversie, perché da essa tutti escono sconfitti. Le guerre non sono solo quelle vergognose di invasione e di attacco ai popoli, ma esse covano anche tutte le volte che tra noi rinunciamo al dialogo e all’ascolto. Anche nelle dinamiche di una città e di un territorio dobbiamo avvertire il bisogno di costruire la pace, attraverso relazioni sincere, buone e rispettose con tutti, anche con chi la pensa in modo opposto a noi”.