Nel corso delle scorse settimane, l’arcivescovo di Santiago del Cile, il card. Fernando Chomali, ha visitato ldiverse carceri della metropoli, un’iniziativa che si inserisce nel più ampio contesto del Giubileo. Le tappe principali di questo percorso spirituale hanno incluso il centro penitenziario Colina II, oltre a Colina I, San Joaquín e Punta Peuco, come riportato da fonti dell’Arcidiocesi di Santiago. L’obiettivo delle visite è stato quello di portare un messaggio di speranza, vicinanza e dignità umana, sottolineando che nessuna persona, indipendentemente dalle proprie azioni, è esclusa dall’amore di Dio. In ogni istituto, l’arcivescovo è stato accolto dalle autorità penitenziarie e ha trascorso del tempo a contatto diretto con la comunità carceraria, incontrando detenuti, cappellani e volontari.
Uno dei momenti centrali di queste visite è stata la celebrazione dell’Eucaristia, durante la quale il porporato ha tenuto l’omelia. Riflettendo sulla realtà della vita in carcere, ha esortato i detenuti a non perdere la fede e a coltivare la speranza, definendo la situazione come un “giardino di tristezza in cui bisogna coltivare la speranza”. L’arcivescovo ha inoltre espresso profonda ammirazione per la forza delle famiglie che, con grande sacrificio, si recano regolarmente in visita, un gesto che ha definito un’espressione pura e incondizionata dell’amore di Cristo. La visita non si è limitata alla celebrazione, ma ha avuto anche una dimensione concreta di ascolto e vicinanza. I detenuti hanno avuto l’opportunità di dialogare con l’arcivescovo, condividendo le loro storie e mostrando i frutti del lavoro svolto nei laboratori artigianali all’interno del carcere. Hanno presentato creazioni realizzate in cuoio, tessuti e altri materiali, testimoniando un impegno per il reinserimento sociale e lo sviluppo di competenze professionali. “L’affetto che mi hanno manifestato è stato grande”, ha commentato il card. Chomali, che ha invitato i detenuti e le detenute a mantenere viva la speranza, invitando a rafforzare le attività lavorative e di reinserimento sociale, di fronte all’attuale mancanza di presenza da parte della società civile.