“Pensavo che il Giubileo fosse per chi sta dentro, poi ho capito che è una chiamata anche per chi è lontano: è l’invito di Dio a tornare da Lui, senza giudizio”. Misael è uno dei giovani che ha partecipato all’iniziativa delle “12 parole per dire speranza”, l’iniziativa promossa dalla Cei anche nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme, a Roma, nell’ambito del Giubileo dei giovani. A gremirla ragazzi giunti nella Capitale dalle diocesi di Milano, Bergamo, Lecce, Vittorio Veneto per seguire la catechesi di mons. Bernardino Giordano, vescovo di Grosseto, e le testimonianze di due giovani catecumeni. “Viviamo sotto pressione cercando il successo – racconta il giovane –. Abbiamo tutto a portata di mano ma fatichiamo a dare senso alle cose. Il Giubileo ci invita a fermarci e guardarci dentro. Sto imparando a non essere perfetto per essere amato. Se lasciamo uno spiraglio aperto, Dio entra e trasforma”.
Dopo di lui, la parola a Eleonora, originaria di Catania, che proprio a Santa Croce ha ricevuto il battesimo la notte di Pasqua, a 30 anni: “Trovavo tempo per tutto, tranne che per Dio. Poi ho ricominciato ad andare a Messa e ho sentito pace nel cuore. È stato l’inizio di un cammino. Il battesimo, che pensavo fosse un punto d’arrivo, si è rivelato l’inizio di una nuova vita con Cristo”. A camminare con lei, in questo percorso di fede, il suo compagno: “Stiamo condividendo una crescita nella fede, affrontando le difficoltà con una prospettiva diversa: quella del Signore”, dice Eleonora.