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“Non siate mai giovani dalle braccia conserte ma giovani dalle braccia aperte. Sentitevi sempre abbracciati dalla Chiesa e da Dio e portate questo abbraccio nel mondo in cui vivete”. Con questo invito don Ivan Licinio, coordinatore nazionale del Progetto Policoro, ha accolto questa mattina nella parrocchia romana di Ognissanti in via Appia Nuova gli oltre 1.000 giovani provenienti da tutte le Regioni d’Italia giunti qui per seguire la catechesi dedicata alla parola “Abbraccio”. Questa mattina presto, Roma è stata invasa dai giovani del Giubileo che hanno preso mezzi di superficie e metropolitana per raggiungere le parrocchie dove si tenevano le catechesi. Sebbene l’appuntamento fosse per le 10, già alle 9.30 la parrocchia di Ognissanti era già piena di ragazzi e ragazze.

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L’organizzazione di questo evento è stata affidata alla pastorale sociale del lavoro della Cei attraverso il Progetto Policoro. “Il progetto – ha spiegato don Licinio – da 30 anni si impegna a formare giovani affinché siano i giovani ad aiutare i loro coetanei a entrare nel mondo del lavoro e realizzare in questo modo i loro sogni professionali”. I ragazzi e le ragazze – chi seduti ai banchi ma molti seduti per terra – si sono soffermati a riflettere sulla “parola” abbraccio. Lo hanno fatto ascoltando prima le testimonianze di due ragazze ospiti di “Rondine Cittadella della pace – una armena e una del Mali – che hanno raccontato la loro storia. Poi dopo un momento di riflessione personale, divisi in piccoli gruppi di 4/5 persone, si sono confrontati tra loro. Infine, hanno ascoltato la catechesi-testimonianza del card. Domenico Battaglia, arcivescovo di Napoli, che ha raccontato anche lui esperienze personali di incontro e amicizia con ragazzi e ragazze che si erano persi nelle fragilità della droga. “L’abbraccio – ha ha detto don Licinio – è un modo di manifestare il mio interesse per l’altro. Appartiene alla grammatica universale dell’amore che tutti possono capire. È segno di relazione, ha la capacità di ricomporre i pezzi, mettere insieme anche le vite più frantumate. E in un mondo in cui siamo sempre più lontani, in cui è sempre più facile puntare il dito contro l’altro che entraci in relazione e mirare al nemico con le armi più che lasciare spazio al dialogo, l’abbraccio diventa allora un segno rivoluzionario, un gesto di pace”.