Diocesi: mons. Antonazzo (Sora), “nessuno può dirsi esente dai tratti naturali di debolezza e limite”. “Tutti abbiamo bisogno di avere accanto un samaritano”

“Nessuno può dirsi esente dai tratti naturali della debolezza e del limite”. Lo ha ricordato ieri mons. Gerardo Antonazzo, vescovo di Sora-Cassino-Aquino-Pontecorvo, presiedendo nella basilica-santuario regionale di Canneto la celebrazione eucaristica per il Giubileo diocesano delle fragilità.
Ringraziando i presenti per la partecipazione, il presule ha osservato che “la parola fragilità si usa sia nella forma singolare che nella forma plurale. Infatti: la fragilità la possiamo riferire alla condizione universale di ogni creatura; mentre le fragilità esprimono le varie forme di limite e di debolezza che si manifestano in diversi modi nella nostra condizione naturale di creatura”. Commentando poi la pagina evangelica del Buon Samaritano, mons. Antonazzo ha sottolineato che “Gesù gli fa capire che il vero problema non è neppure chi sia da considerare come prossimo, ma come farsi prossimo di chiunque, vincendo la vigliaccheria dell’indifferenza e dell’opportunismo, per lasciarsi rieducare dalla compassione verso gli altri”. “Il samaritano – ha continuato – aveva tutte le ragione storiche e religiose dalla sua parte per non soccorrere il ‘nemico’ numero uno. Invece ‘trasgredisce’ il conformismo e il ‘politicamente corretto’ per mettere al centro della sua pietà religiosa la fraternità che si fa carico della vulnerabilità e fragilità degli altri”. “Il samaritano oggi è lo straniero che ci salva”, ha ammonito il vescovo, secondo cui “tutti abbiamo bisogno di avere accanto un samaritano, di qualcuno disponibile a farsi prossimo nei momenti più critici della nostra vita, soprattutto quando la vita è ferita dalla fragilità della malattia e della sofferenza”. “Purtroppo – ha rilevato –, dobbiamo riconoscere che rischiamo di restare vittime, prima o poi, dell’indifferenza di chi egoisticamente pensa solo ad affermare se stesso e di assicurare ogni benessere individuale”. “L’anno giubilare – ha ammonito il vescovo – invita a considerare con speciale affetto e cura le fragilità che attraversano e segnano la vita di molti adolescenti e giovani: è triste vedere giovani privi di speranza; d’altronde, quando il futuro è incerto e impermeabile ai sogni, quando lo studio non offre sbocchi e la mancanza di un lavoro o di un’occupazione sufficientemente stabile rischiano di azzerare i desideri, è inevitabile che il presente sia vissuto nella malinconia e nella noia”. “La Vergine Bruna di Canneto insegna a non disperare mai, soprattutto – ha concluso – quando siamo collocati sul Calvario delle prove, del dolore, delle perdite di affetti cari, di riduzione della nostra autonomia, di sofferenza fisica per le malattie che feriscono il nostro corpo e mettono a dura prova la stessa speranza”.

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