“Pur nel pieno rispetto del ruolo della magistratura dell’Ue, ci sentiamo in dovere di commentare alcuni aspetti della sentenza, rilevando con preoccupazione il suo impatto su questioni che sono al centro delle competenze nazionali”. È quanto afferma la presidenza della Commissione degli episcopati cattolici dell’Ue (Comece) che, riunitasi il 3 dicembre sotto la guida del presidente mons. Mariano Crociata, ha analizzato la recente sentenza della Corte di giustizia europea relativa al riconoscimento dei matrimoni tra persone dello stesso sesso negli Stati membri. “Le considerazioni che esprimiamo nella presente dichiarazione – precisano i vescovi – sono radicate nella visione antropologica della Chiesa, basata sulla legge naturale, del matrimonio come unione tra un uomo e una donna”. Da diversi anni la Comece sottolinea – in particolare sulle questioni di “diritto di famiglia con implicazioni transfrontaliere” – “l’importanza di un approccio prudente e cauto e di evitare influenze indebite sui sistemi giuridici nazionali”. La sentenza stabilisce che uno Stato membro ha l’obbligo di riconoscere un matrimonio tra due cittadini dell’Unione dello stesso sesso legalmente contratto in un altro Stato membro, dove essi hanno esercitato la loro libertà di circolazione e soggiorno.
Secondo i vescovi europei, “la sentenza della Corte dell’Ue avrà un impatto sui sistemi giuridici nazionali in materia di diritto di famiglia e potrebbe esercitare pressioni affinché questi vengano modificati. Essa richiede inoltre l’introduzione di procedure di riconoscimento e chiede persino la disapplicazione, se necessario, delle disposizioni nazionali in questione. La sentenza – osserva la Comece – crea di fatto una convergenza degli effetti del diritto matrimoniale, anche se l’Unione non ha il mandato di armonizzare il diritto di famiglia. Vi è anche un impatto sulla certezza del diritto, poiché sempre più Stati membri non saranno in grado di prevedere in modo chiaro quali parti del loro diritto di famiglia rimarranno di loro competenza”. La Comece teme inoltre “che la sentenza possa portare a sviluppi negativi in altri settori sensibili del diritto di famiglia transfrontaliero, ad esempio aprendo la strada a futuri approcci giuridici simili in materia di maternità surrogata”. Infine, “nel contesto difficile che l’Unione europea sta attualmente affrontando, anche in riferimento alla sua percezione in vari Paesi, non sorprende che questo tipo di sentenze dia adito a sentimenti antieuropei e possa essere facilmente strumentalizzato”.