(Milano) “Dopo un assedio durato più di 500 giorni, a novembre El-Fasher è caduta nelle mani della milizia paramilitare ribelle Rsf, trasformandosi in un inferno per migliaia di civili innocenti. Le strade del capoluogo della regione del Darfur (Sudan occidentale) sono state teatro di massacri e atrocità indicibili. Chi è riuscito a fuggire ha raccontato di omicidi di massa, violenze, fame, distruzione; decine di migliaia sono le persone rimaste intrappolate senza via di scampo né aiuti”. Lo si legge in una nota diffusa da Caritas Ambrosiana, che aggiunge: “La tragedia di El-Fasher è solo l’ultimo capitolo del dramma che da due anni e mezzo lacera il Sudan, nonostante proposte di tregua e i sin qui infruttuosi tentativi di favorire trattative di pace tra i contendenti. Nel grande Paese africano la guerra civile ha generato quella che l’Onu reputa la più grave crisi umanitaria del nostro tempo: 150mila morti, milioni di sfollati, fame e malattie che consumano un popolo dimenticato”. Per Caritas Ambrosiana “è urgente un intervento politico e umanitario, invocato a novembre anche da Papa Leone XIV, superando la passività della comunità internazionale”. Seguono i numeri della tragedia, tra morti, feriti, distruzioni. “Nell’intero Sudan, 30,4 milioni di persone necessitano di assistenza umanitaria. E diversi milioni soffrono la fame: nel 2025 la carestia è stata dichiarata in almeno 12 aree (fra cui il Nord Darfur) e ad agosto ben 25,6 milioni di cittadini (il 54% del totale) erano in condizione di grave insicurezza alimentare, mentre 637mila cittadini versavano in carestia dichiarata”.
“Se la crisi umanitaria è tremenda, la risposta non è nemmeno lontanamente all’altezza. Lo sforzo umanitario internazionale continua a essere gravemente sottofinanziato: dei 4,6 miliardi di dollari stimati necessari dalle Nazioni Unite per l’intero 2025, a novembre solo il 24,5% erano stati stanziati (nel 2024 si raggiunse il 69%). La decisione dell’amministrazione Trump di sospendere circa l’83% dei fondi per il Sudan, conseguenza del taglio generalizzato all’agenzia UsAid, ha notevolmente aggravato la situazione; gli Stati Uniti erano infatti il primo donatore per il Sudan e i loro aiuti coprivano circa la metà delle necessità totali”.