Censis: “l’Italia nell’età selvaggia, del ferro e del fuoco”, ma ancora una volta sa resistere

Nel 59° Rapporto Censis sulla situazione del Paese prevalgono le tinte fosche, almeno in prima battuta. L’Italia, dice il Rapporto nelle considerazioni generali, è entrata “nell’età selvaggia, del ferro e del fuoco, di predatori e di prede”, in cui “non è l’economia il vero motore della storia”, ma lo sono “le pulsioni antropologiche profonde”, “antichi miti e nuove mitologie, paure ancestrali e tensioni messianiche”, “culture identitarie radicali”, “suggestioni della volontà di potenza”. Con un riscontro inquietante nella “convinzione inaudita” che le autocrazie siano “più adatte allo spirito dei tempi”, condivisa dal 30% del campione. Eppure a ben vedere non è tutto nero. “Il Paese – sottolinea il Rapporto – ha saputo, più e meglio di altre grandi democrazie occidentali, porsi faccia a faccia con il presente”. E come? “Non riuscendo a spezzare la trappola del declino” e “senza poter contare su riforme e adeguamenti strutturali alle grandi trasformazioni in corso”, la società italiana ha saputo tuttavia “rimodulare attese e desideri”. Ancora una volta “resistere, adattarsi, stare dentro la crisi”, questa storica “attitudine italiana” che nel Censis ha trovato in questi anni la sua rappresentazione più acuta, si è rivelata una risorsa fondamentale per il Paese. Così pure “la cetomedizzazione dal basso non è finita”, ma “è stata e resta una base preziosa di stabilità nelle grandi e nelle piccole crisi”. Attenzione, però, avverte il Rapporto indicando il punto debole dell’attuale fase politica, “l’autonoma difesa immunitaria non basta, non può sostituire la necessità di visione e di azione”.

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